Corriere della Sera (Brescia)

Seminare arte

All’aria aperta Una performanc­e degli studenti di Brera al Museo Botanico Aurelia Josz

- Marta Ghezzi

Il rospo smeraldino canta a gran voce sotto il ponticello, un gracidio forte e insistente. Non si preoccupa neanche troppo di nasconders­i (anche se è più facile sentirlo che vederlo): smette appena avverte passi umani, riprende quando i passi si fermano. Di fronte a lui, e sembra quasi gli stia sorridendo, su un mucchietto di ghiaia riposa Polverello, nera creaturina antropomor­fa di polistiren­e e sabbia. Più avanti, dall’acqua del canale emerge una piccola colonna dorica in Pla (plastica biodegrada­bile), di un acceso giallo flou. E ancora, spostandos­i di poco, in cima a una catasta di ramaglia occhieggia una scultura spugna-cervello bianca. Natura e arte. Sessantatr­é studenti dell’Accademia di Brera hanno lavorato durante i corsi di Anatomia Artisua

stica (docente, Clara Bonfiglio) e di Pittura (Maurizio Arcangeli) sui temi della semina e della contaminaz­ione, a partire da una serie di esplorazio­ni al MuBAJ, Museo Botanico Aurelia Josz, il grande giardino che corre parallelo a viale Enrico Fermi.

«Non il seme botanico né la semina agricola, ordinata e controllat­a», chiarisce Bonfiglio, «piuttosto una metafora del processo, del gesto». Oggi pomeriggio le opere, tutte di piccole dimensioni (misura standard: 20x20x20), verranno disseminat­e dai giovani artisti, con alcune performanc­e, nei prati, fra i cespugli, sotto gli alberi del MuBAJ.

È l’occasione per entrare in questo polmone verde — 24mila metri quadri di estensione —, ancora poco conosciuto. La riqualific­azione dell’ex vivaio comunale e la trasformaz­ione in parco è recente, i lavori sono terminati nel 2015, ma per i soliti problemi di gestione pubblica il giardino-museo è al momento aperto con il contagocce. Non è un verde classico. Qui si facevano crescere le piante per la città e ne è rimasta traccia, un doppio filare (chiamato pomposamen­te bosco) di querce rosse, aceri, platani e palme. «Palme cinesi che resistono alle basse temperatur­e, le stesse di piazza Duomo. Tanto scalpore e in realtà a Milano ci sono da tempo», dice Donatella Stergar, coordinatr­ice del museo. Con l’eccezione del bosco, le altre zone sono nuove. «Abbiamo creato un’ecosistema spontaneo, in continua evoluzione, con specie autoctone tipiche della pianura padana e ibridi nati dall’interazion­e con l’ambiente urbano». Gli studenti guideranno i visitatori attraverso il labirinto dei cereali (varietà originarie accanto a rare, graminacee primitive, mais e farro), il frutteto dei patriarchi (ventisei varietà arboree della terra lombarda), l’area compost e la zona umida, il punto più scenografi­co. Sorprenden­te perché l’acqua scorre in un circuito di canali chiusi su cui si affacciano dei ponticelli; per la vegetazion­e che cresce intorno, canne, iris, equiseto, cardi e corniolo, e per la fauna anfibia (da qualche giorno è di casa anche un germano reale), che si spia da alcuni punti di osservazio­ne collocati al di sotto dei canali. Un’avventura botanica urbana decisament­e insolita. Con il valore aggiunto dell’arte.

Un luogo da scoprire Nell’ex vivaio comunale lungo viale Fermi i ragazzi «pianterann­o» opere biodegrada­bili

 ??  ?? Zona Niguarda Andrea Barbagallo dell’Accademia di Brera dispone la sua opera nel parco intitolato ad Aurelia Josz, fondatrice della prima scuola di agraria femminile a Milano
Zona Niguarda Andrea Barbagallo dell’Accademia di Brera dispone la sua opera nel parco intitolato ad Aurelia Josz, fondatrice della prima scuola di agraria femminile a Milano
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(foto Corner/ LaPresse)
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In alto, una mini colonna dorica fluo; a sinistra il gruppo; sotto «Polverello», polistiren­e e sabbia
Scorci In alto, una mini colonna dorica fluo; a sinistra il gruppo; sotto «Polverello», polistiren­e e sabbia

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