Fotoreporter in piazza: la loro strage
In AAB i ricordi di alcuni dei 17 fotografi che erano in piazza
C’è chi, come Pierre Putelli, andò in piazza Loggia spinto da un istinto misterioso, senza che il giornale gli avesse chiesto un servizio fotografico. «Entrai in piazza mentre tutti scappavano. In macchina avevo solo sei scatti. Camminavo sulla carne. Scattai. Poi Silvano Cinelli, il maestro di tutti, mi diede un suo rullino. Riempii anche quello e corsi in agenzia a stampare. Solo alla fine mi accorsi che avevo i calzoni inzuppati di sangue».
C’è chi arrivò lì richiamato dalla notizia della bomba come Renato Corsini: «Incrociai Eugenio Ferrari, anche lui del Circolo culturale la Comune, mi diede la sua Minolta dicendomi che lui non ce la faceva a fotografare. In macchina c’erano solo 16 scatti. Li usai tutti, corsi in agenzia e tornai con un nuovo rullino da 36. Feci a tempo a fotografare gli idranti che cancellavano tutto. Al pomeriggio improvvisammo una mostra attorno alla statua della Bella Italia: tutta la città seppe cos’era accaduto grazie a quelle fotografie. Decidemmo di renderne pubbliche solo alcune: 12 su
36. Le altre 24 non sono mai state fatte vedere. Troppa macelleria».
C’è chi era lì per documentare il corteo per i sindacati, come Pietro Gino Barbieri: «Non fui investito dallo scoppio solo perché reggevo uno striscione del Comitato Unitario di Base di medicina: troppo lungo, non ci stava sotto il portico. Dopo lo scoppio fotografai il corpo senza vita di Alberto Trebeschi. Le prime due immagini sono incomprensibili: mi tremavano troppo le mani. Poi finalmente mi calmai e la macchina fotografica per me divenne uno schermo, un filtro attraverso cui guardare tutto quell’orrore».
C’è chi ha costruito il proprio passato attraverso quelle immagini, come Alfredo Bazoli che oggi è un deputato del Pd e allora era un bambino di quattro anni e perse nella strage la madre, Giulietta Banzi. «Mio padre aveva raccolto tutti i giornali usciti in quei giorni e li teneva nascosti a noi bambini. Io riuscii a trovarli e ho costruito un vissuto, ho conosciuto mia madre attraverso quelle immagini. Penso ogni volta di averle viste tutte e invece anche pochi anni fa ne ho scoperte di nuove. Per fortuna il suo corpo non era devastato».
Ha dato la stura a ricordi vibranti, emotivamente fortissimi, l’iniziativa di AAB che ha riunito ieri i fotografi che erano in piazza Loggia la mattina del 28 maggio 1974. Un’iniziativa organizzata insieme a Casa della memoria con la collaborazione della Questura (sono state esposte per la prima volta le immagini scattate dalla Scientifica). Un omaggio ai fotografi che hanno fornito una straordinaria documentazione — formata da 889 scatti — hanno ricordato Pippo Iannacci di Casa della memoria e chi scrive, in rappresentanza di AAB.
Sono stati presentati gli esiti del lavoro di Claudio Comincini, ricercatore indipendente, che ha compiuto una preziosa opera di scandaglio delle 889 fotografie isolando 17 volti di fotografi e assegnando a 11 di essi un nome. Nomi che hanno fatto la storia del fotogiornalismo a Brescia e che da quel giorno sono entrati nella Storia.