Laghi gonfi, il Garda vuole nuove regole
Il Garda agli agricoltori: «Le escursioni vanno riviste, bisogna ridurre l’acqua consumata nei campi»
Nessuno, dopo un inverno particolarmente siccitoso, si aspettava le precipitazioni di questo periodo. I laghi sono a livelli record: il Sebino è pieno al 94%, ha ormai raggiunto i 102,4 centimetri sopra lo zero idrometrico (era a - 11 centimetri prima della “stagione delle piogge”). Anche il Garda ora è al limite, tanto gonfio da occupare il 98% del proprio volume. Escursioni di questo tipo non sono più accettabili. Ecco perché mercoledì la Comunità del Garda incontro gli agricoltori della Pianura e chiede che il prelievo di acqua sia minore, perché le condizioni climatiche non consentono più di continuare a prelevare così tanta acqua.
Dalla siccità all’eccesso di pioggia, i cambiamenti climatici moltiplicano gli eventi estremi. E così, il lago d’Iseo è passato dai meno 11 centimetri (sullo zero idrometrico) del quattro aprile scorso fino ai +84 centimetri del 28 aprile. Tre settimane di pioggia costante hanno portato nel Sebino milioni di metri cubi d’acqua. E la differenza si vede ed è evidente. Ad oggi il lago d’Iseo, è cresciuto ancora (102,4 cm), risulta pieno al 94%.
Sta meglio il lago di Garda: non ha avuto escursioni di questo tipo ed è sempre rimasto sopra la media storica in questo 2019. Ora però è al limite, tanto gonfio da occupare il 98% del proprio volume. Il Garda si alza e si abbassa seguendo regole del 1965, ormai superate. «È tempo di cambiare» dice il segretario della Comunità del Garda, Pierlucio Ceresa.
Il messaggio che mercoledì il Benaco porterà agli agricoltori della pianura emiliana e mantovana è semplice, ma chiaro: «Bisogna risparmiare l’acqua. Il sistema irriguo è stato abituato ad un’abbondanza idrica che oggi non ci possiamo più permettere». Un ragionamento in linea con le previsioni degli scienziati che da anni evidenziano l’impatto del global warming sulla società di oggi e di domani. «Servono metodi irrigui che facciano risparmiare acqua – sottolinea l’avvocato Ceresa – i metodi a scorrimento vanno rivisti». Così come mais e riso, che sono colture idrovore: o si trova il modo di usare meno acqua o si dovrà in parte sostituirli con altre colture. Anche perché siccità e precipitazioni sono imprevedibili. E le bombe d’acqua fanno danni, nei paesi così come nei campi: dopo mesi di aridità, a Leno sono caduti 125 millimetri d’acqua negli ultimi 30 giorni (di cui 35 mm nel solo 18 maggio); a Lonato 137,6 mm in un mese, di cui 29 nella giornata del 4 maggio; a Darfo un terzo della pioggia di maggio è caduto lunedì scorso: 73 mm su 216.
La volontà è che il tavolo di mercoledì a Parma, nella sede dell’Autorità di bacino del Po, sia un incontro costruttivo. «Dobbiamo collaborare – dice il segretario della Comunità del Garda – non è più tempo di un’antitesi» tra mondo agricolo e interessi del lago. In effetti, se nei mesi scorsi il Garda è rimasto alto lo si deve – oltre alla sua conformazione – anche alla decisione di trattenere risorse idriche in vista di un’estate che si preannunciava siccitosa. Bisogna infatti partire da un assunto: il lago è un patrimonio nazionale d’acqua dolce e rappresenta il 40% di tutte le riserve del Paese. Ecco perché vanno conservate. «Il 70% dei Comuni - ricorda Ceresa – lo utilizza già oggi per l’acquedotto».
Poi certo nessuno aveva previsto le piogge di aprile, ma soprattutto quelle continue di maggio. Tanto che nel weekend del 5 maggio il Benaco aveva raggiunto il massimo sfiorando quota 140 centimetri. Complici i venti a quasi 100 chilometri orari, il nubifragio aveva provocato danni – da Gardone a Sirmione – per quasi due milioni di euro. Un motivo in più che spinge la Comunità del Garda a voler modificare le regole di escursione: oggi i livelli sono compresi tra +135 cm (170 in casi eccezionali) e -0,5 cm, mentre l’obiettivo è mantenere il Benaco tra +120 e +30cm.