Rischio slavine Salta il Gavia
Il tappone bresciano, martedì, perderà la salita regina per il rischio slavine Resta il Mortirolo, si perdono 32 chilometri, inserita la nuova ascesa a Cevo
Gli organizzatori hanno deciso: la Lovere-Ponte di Legno, martedì, non passerà sul Gavia. Il Giro d’Italia perde la Cima Coppi ma abbraccia Cevo.
No al Gavia. È arrivata ieri sera la decisione definitiva dell’organizzazione del Giro d’Italia sulla cancellazione della scalata ai 2618 metri del passo nella sedicesima tappa da Lovere a Ponte di Legno. «Le pessime condizioni meteo previste nei prossimi giorni e il forte rischio di slavine, ci spingono a cancellare il Gavia dal percorso» dichiara Mauro Vegni, direttore del Giro d’Italia, che ha però ringraziato la Provincia di Brescia per il lavoro svolto giorno e notte nel tentativo di rendere la strada agibile per il passaggio dei corridori. Il percorso della tappa cambia sensibilmente. Immutati rispetto al disegno originario restano i primi 72 chilometri di corsa fino a Capo di Ponte dove inizierà l’ascesa verso Cevo, prima novità e salita inesplorata dal Giro, per poi scendere verso Edolo. Da lì, invece di transitare una prima volta sul traguardo di Ponte di Legno come inizialmente previsto, il gruppo virerà verso sinistra per affrontare il versante duro dell’Aprica e scendere poi verso Tirano tornando sul percorso originario con la scalata del Mortirolo e l’arrivo a Ponte di Legno. La modifica adottata decurta così la tappa di ben 32 chilometri rispetto al disegno originario, abbassando il dislivello complessivo a 4800 metri. Cancellare l’ascesa al Passo Gavia, che adesso cede il testimone di Cima Coppi al Passo Manghen, muta la fisionomia della corsa rosa privandola, di fatto, della sua tappa regina. Ma tutela l’incolumità dei corridori e di tutto il seguito del Giro: «Molto più pericolosa della salita — così Vegni — era la discesa».
La cancellazione dal percorso di questa salita non è una novità per la Corsa rosa, che ha sempre dovuto sottostare ai capricci meteorologici del passo, posto crudo e inospitale dove il rischio neve rimane sempre alto anche nella stagione primaverile. Quella di quest’anno, è la quarta esclusione dal percorso di un Giro d’Italia e ribadisce il fatto che il Gavia sia una salita senza padroni: decide lui quando e se i ciclisti posso giungere fino alla sua cima. Scoperto nel 1960 durante una ricognizione aerea della zona da Vincenzo Torriani, storico e geniale organizzatore del Giro, il passo che congiunge la Valcamonica con la Valtellina fu scalato per la prima volta dalla corsa rosa in quello stesso anno quando la strada era ancora sterrata e poco più larga di una mulattiera. Primo in vetta fu Imerio Massignan, scalatore vicentino coraggioso e spericolato, mentre Carlo Sironi, collaboratore di Torriani, dopo la tappa portò un cero alto due metri nella chiesa in cima al passo come ex voto per la riuscita dell’ascesa senza incidenti. Da allora il Gavia è stato scalato altre nove volte, otto delle quali dal versante bresciano, il più duro e intransigente con i suoi 16.5 km all’8% di pendenza media e punte al 16%. Indelebile nella memoria degli appassionati resta l’ascesa sotto la tormenta di neve del 1988 con l’olandese Johan Van Der Velde, maglia ciclamino e primo in vetta, costretto a ripararsi dentro un furgone con un principio di assideramento in atto.
"Vegni È stato fatto un grande lavoro, ma la discesa è pericolosa