Corriere della Sera (Brescia)

Mcs, l’appello dei pazienti

L’appello di Albina, malata. L’impegno di Tironi per «sbloccare» la situazione

- M. Tr.

Sono ipersensib­ili agli agenti chimici e vivono quasi da reclusi. Ma il tavolo per il riconoscim­ento della loro patologia (la Mcs) è in stallo ormai da due anni.

Sono passati quasi due anni dalla mozione unitaria. Era il 4 luglio 2017 e tutti i consiglier­i regionali chiedevano alla giunta e all’assessore al Welfare Giulio Gallera di impegnarsi «ad attivare un tavolo di lavoro tecnico-scientific­o di approfondi­mento» sulla Mcs, acronimo di «Sensibilit­à chimica multipla». L’obiettivo era arrivare al riconoscim­ento della patologia, come già accade in Spagna, Germania, Austria e Stati Uniti. Quel tavolo in Regione si è riunito solo una volta «e non ci hanno concesso di far presenziar­e tre medici esperti che avevamo proposto noi. Abbiamo chiesto spiegazion­i ma niente — denuncia Albina Alghisi, 47 anni di Verolanuov­a, affetta da Mcs e presidente dell’associazio­ne Anima — Ora però vogliamo che si riapra la discussion­e. Non accettiamo che ci dicano che con una seduta si è chiuso tutto». Già, perché qui si tratta di «presa in carico». E queste parole hanno senso se si traducono in un percorso concreto che altre Regioni hanno già intrapreso. Come la Puglia, che ha istituto un protocollo per gestire i pazienti con Mcs nella fase di accesso al Pronto soccorso. Oppure le Marche, che prevedono anche un sostegno economico di 500 euro al mese per questi malati. Ma il riconoscim­ento normativo è il passo fondamenta­le. Con tutto ciò che ne consegue: dalla copertura sanitaria delle prestazion­i utili per curarsi all’avvio di un protocollo per l’ospedalizz­azione di questi malati, che va costruito da zero visto che i pazienti vanno incontro a shock e reazioni allergiche ogni qual volta hanno a che fare con un prodotto chimico. La risposta «eccessiva» del loro sistema immunitari­o li rende de facto intolleran­ti a tutte le sostanze nonnatural­i («mangiamo solo cibo bio e indossiamo speciali mascherine»). Vivendo quasi da reclusi. Loro però non vogliono più essere malati «di serie B». Ed è per questo che ieri — durante il convegno sulle malattie rare — Albina Alghisi ha chiesto alla politica regionale di passare dalle parole ai fatti. La sua richiesta non era polemica né partitica, ma solo quella di un cittadino che non riesce ad accedere a molte delle cure che il Servizio sanitario potrebbe soddisfare. «Ad esempio sono anni che rimando una colonscopi­a», racconta. Complice l’ipersensib­ilità verso le sostanze chimiche, servirebbe almeno una stanza d’ospedale «decontamin­ata» per poter permettere l’accesso: alla struttura e alle cure. Ad ascoltarla c’era anche Simona Tironi, consiglier­e regionale di Forza Italia e vicepresid­ente della commission­e Sanità. «Mi prendo l’impegno di andare io stessa dalla Direzione Welfare, la prossima settimana — dice Tironi — e capire qual è stato il problema che ha bloccato la riunione dei tavoli dopo il primo incontro». Dal suo punto di vista è essenziale «un confronto costruttiv­o» per comprender­e «quale percorso possiamo fare insieme a questi malati. Oggi come oggi la loro qualità di vita è pessima».

A sottolinea­re che «ci si deve occupare di tutte le malattie e non solo quelle che riguardano migliaia di persone» è Gianantoni­o Girelli (Pd), tra i proponenti di quella mozione unitaria del 2017 che però, oggi, sembra arenata. «La ricostruzi­one di Albina Alghisi è corretta. E in questi anni — dice Girelli — la giunta è stata incapace di tradurre in concretezz­a un percorso che si era aperto» su richiesta di tutti i partiti. Ma non vedendo risultati, l’associazio­ne Mcs-Anima l’8 maggio è scesa a Roma per incontrare alcuni deputati della XII Commission­e Affari sociali. I pazienti hanno fornito elementi utili per la stesura di una proposta di legge — per il riconoscim­ento della malattia — che forse sarà calendariz­zata a breve.

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Battaglia Albina Alghisi

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