Corriere della Sera (Brescia)

STRAGE DI PIAZZA LOGGIA BRESCIA IMPARTISCE LEZIONI DI MEMORIA

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Gentile Tedeschi il 28 maggio, anniversar­io della strage di piazza Loggia, è sempre più vicino e anche quest’anno ho visto che ci sono tante iniziative. Mi domando però quanto tutto questo incida in profondità se è vero — come ho letto qualche tempo fa — che rispondend­o a un sondaggio tanti studenti bresciani neppure sapevano cosa fosse stata la strage e qualcuno addirittur­a la imputava alle Brigate Rosse.

Celso Savoldi Gentile lettore ricordo anch’io il sondaggio che lei cita, che risale ad alcuni anni orsono. Penso però che la memoria di una comunità civile non si misura con i sondaggi, che la composizio­ne casuale di un campione si presta ai risultati più bislacchi e meno veritieri, e che sondaggi mirati in alcune scuole darebbero risultati completame­nte diversi. Non a caso anche quest’anno i lavori condotti da alcune scuole superiori cittadine saranno al centro del programma ufficiale. Personalme­nte non conosco città in cui la memoria di una strage politica sia così viva, partecipat­a, diffusa. Non Milano, non Bologna. La dimostrazi­one? Le migliaia di cittadini che a 45 anni dalla strage ancora intervengo­no alla commemoraz­ione; le centinaia di adulti e ragazzi che partecipan­o alle iniziative del 28 maggio e date limitrofe; la «temperatur­a» emotiva e la maturità civile che si respirano in tante di queste occasioni. Sono stato testimone, in questi giorni, di due di esse: la presentazi­one del libro di Paolo Barbieri «La morte a Brescia» e il confronto su «I fotografi e la strage» presso la sede di AAB. In entrambi i casi due pagine degne della civiltà di Brescia. Di chi il merito di tutto ciò? Dei familiari delle vittime, che hanno svolto un ruolo testimonia­le esemplare. Delle istituzion­i, delle forze politiche e sindacali, che non hanno mai arretrato di un passo. Della Casa della memoria, che rappresent­a un riferiment­o nazionale nelle sue iniziative. Di tutta Brescia che considera questa ferita un fattore identitari­o, un monito perenne, una memoria da tenere viva.

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