Vecchioni: Brescia e Milano gemellate dalle loro ferite. Non bisogna scordare
Il professore parlerà agli studenti: «Senza cultura avremo sempre guerre, rovine, muri»
È uno dei grandi cantautori italiani che solo qualche anno fa l’Accademia di Svezia aveva segnalato tra i papabili Premi Nobel, ma è stato anche un educatore, un docente di latino e greco fino a fine carriera (peraltro, per qualche anno con l’incarico al Liceo Arnaldo). Chi meglio di lui può dialogare con i giovani? Oggi Roberto Vecchioni, ore 11.30 all’auditorium San Barnaba, su invito di Casa della Memoria e Istituto A. Lunardi, torna a Brescia per incontrare gli studenti bresciani sul tema: Uniti contro ogni terrorismo, 50° anniversario di Piazza Fontana, 45° anniversario di Piazza Loggia.
Prof. Vecchioni, qual è la scaletta della lectio?
«Parlerò della dignità dell’essere umano, che va sempre difesa, e dell’impegno che i giovani si devono assumere. Il futuro va progettato da subito, affrontato seriamente, pensato per migliorare le condizioni climatiche e umane del mondo. Tutte cose che intendo sottolineare con aneddoti e citazioni che pesco anche dalla mia formazione classica. Un discorso breve, confido sulle domande e sugli interventi dei ragazzi per approfondire i temi connessi: coerenza, lavoro, fede negli ideali, libertà...»
E memoria. «Ovviamente. Brescia e Milano sono città gemellate dalle ferite della loro storia. Non si ricorda mai abbastanza che esiste una cattiveria, una bestialità che va combattuta in tutti i modi. E per combatterla ci vuole la cultura. Senza cultura avremo sempre guerre, rovine, divisioni, muri».
Già, la cultura. Tempi duri, anche all’interno della scuola.
«Gli insegnanti sono trattati come pezze da piedi: il caso dell’insegnante sospesa per aver osato accostare le leggi razziali del ‘38 al decreto sicurezza, ma anche quelli incresciosi dei docenti picchiati e scherniti da alunni e genitori sono episodi inquietanti in un paese che è sempre stato faro di civiltà. Non si deve dimenticare che chi si dedica alla formazione tiene in piedi l’impalcatura della società».
I giovani. È vero che sono cambiati in peggio?
«Purtroppo fanno notizia solo i peggiori, si parla meno di quelli che fanno la cosa giusta. Nella gioventù c’è un grande afflato, i giovani hanno voglia di capire il mondo e di cambiarlo, mentre gli adulti si sono addormentati e pensano al loro orticello».
Pasolini parlava del “feto adulto”, l’unico modo per mantenere la forza del passato nel presente.
«Ricorda il Fanciullino del Pascoli. Oggi poi è tutto più complicato. Se sbagli, ti saltano addosso e ti sorpassano. La vita è frenesia, ricerca delle soluzioni immediate, smania di rapidità. I giovani hanno più tempo, devono essere loro a tenere alta la bandiera della cultura».
Fascismo. Dobbiamo temere l’eterno ritorno?
«Quello di oggi è prevaricazione, prepotenza, una forma di violenza. Qualcosa anche di subdolo e nascosto, sicuramente pericoloso. È qualcosa di simile ma di diverso. Il fascismo storico era tutto il peggio, tranne che vigliacco. Anzi si faceva vedere».
Europa. Altro argomento all’ordine del giorno.
«Bisognerà parlarne. Da due mila anni abbiamo gli stessi pensieri, filosofi, letterati, musicisti. Basterebbe questo a decretare lo stato dell’unione».