Chiude in casa la figlia e appicca il fuoco Sei anni al carabiniere incendiario
In forza al nucleo Forestale, in settembre Fabio Di Marzo si barricò con la ragazzina e i genitori
Il sostituto procuratore Erica Battaglia aveva chiesto cinque anni e quattro mesi. Al termine del processo celebrato con rito abbreviato, però, il gip Alessandra Sabatucci ha condannato a sei anni Fabio Di Marzo, 36 anni: carabiniere in forza al nucleo Forestale (poi sospeso) era imputato di incendio doloso e tentato omicidio. Della figlioletta e dei genitori.
Era la notte tra il 22 e il 23 settembre scorso. Al culmine di una lite appiccò il fuoco dentro la sua casa di Passirano — bruciando alcuni peluche — non prima di essersi barricato all’interno con i genitori e la figlia di soli 12 anni. «Da qui non uscite» avrebbe detto loro, sconvolto. All’origine del gesto, pare, tensioni e diverbi che avrebbero riguardato proprio l'educazione della ragazzina, dopo la dipartita della mamma. A lanciare l’allarme, quella sera, furono i vicini di casa, spaventati prima dalla lite accesa poi dalle grida della ragazzina e della nonna. Non solo. Qualcuno si affacciò sul balcone e notò il fumo uscire dall’appartamento, facendo scattare la chiamata ai vigili del fuoco e alle forze dell’ordine. Di Marzo finì in manette. I genitori e la figlia, sotto choc, tratti in salvo. Raccontò che quello non era un periodo facile per lui, proprio a causa della separazione dalla mamma della figlia. Ed è a lei che dopo il rinvio a giudizio rivolse le sue «scuse» per tutto ciò che le aveva fatto passare: su richiesta della procura, Di Marzo è stato sottoposto a una perizia psichiatrica che l’ha dichiarato parzialmente capace di intendere e volere al momento dei fatti. Il suo difensore, l’avvocato Salvatore Arcadipane (del foro di Milano) aveva chiesto l’assoluzione proprio alla luce della delicata fase che il suo assistito stava attraversando, tanto che l’Arma stessa gli aveva fornito all’epoca un supporto psicologico: Di Marzo era in aspettativa, quindi all’epoca dei fatti non aveva la pistola d’ordinanza. Ma non è bastato a evitare la condanna.