Dopo gli interventi la statua non tornerà ringiovanita. Ma «leggibile»
Mutilata di ali e braccia, appoggiate sul tavolo accanto, spiata e fotografata persino con scostumate inquadrature «ginecologiche» da certi ospiti dell’Opificio, la dea è ancora sdraiata sul lettino della sala operatoria. Dal suo ricovero a Firenze (dove è stata trasportata d’urgenza per problemi posturali lo scorso 12 luglio), la Vittoria Alata ha perso 83 chili. Sono i frammenti di terracotta, legno, gesso, stoppa e resina che gli eccellenti restauratori dell’Opificio delle Pietre dure di Firenze hanno rimosso sotto alla sua tunica: ogni lacerto del riempimento della statua, amalgamato nell’Ottocento
per reggere il supporto di ali e braccia, è stato estratto, mappato, catalogato e pesato. Se dai microscavi affiorassero tracce delle terre di fusione, si riuscirebbe a scoprire con certezza l’origine della statua, se sia stata fusa a Brescia o altrove. Gli esperti per ora non sciolgono la prognosi: «Occorrono dati certi».
Nel frattempo, grazie anche ai generosi bonifici dei mecenati che hanno contribuito a pagarne le cure (con l’Art bonus sono stati raccolti 690 mila euro su un preventivo che supera i 900 mila) i restauratori hanno studiato ogni centimetro della dea e della sua veste plissettata, indagato e prelevato oltre duecento elementi e iniziato una delicatissima pulizia della pelle, per ora concentrata sul ventre (dove erano depositati materiali bruciati e addirittura resti microscopici di ossa) con aspiratori sofisticati e un preparato di base acquosa: l’incarnato verdastro non sparirà, ma saranno attenuate certe insopportabili sfumature giallognole.
Al suo rientro a Brescia, la statua dimostrerà tutti i suoi duemila anni (gli esperti dell’Opificio tendono ad accreditare la tesi che la vorrebbe risalente al I secolo dopo Cristo). «Una cosa deve risultare fondamentale: l’obiettivo del restauro non è far tornare l’opera al suo primitivo splendore, ma renderla leggibile e farla apparire nella sua antichità e nelle attuali condizioni. Elimineremo tutti gli interventi precedenti, ma rispetteremo le naturali discromie che le appartengono» spiega il sovrintendente Marco Ciatti.
La prossima settimana, i suoi restauratori sfileranno dalla tunica della dea l’asta da 25 chili che le era stata applicata nell’Ottocento per reggere le ali e le braccia: attualmente, si sta studiando un nuovo e iper tecnologico supporto. (a.tr.)