Più tumori ma senza nesso coi Pcb
Melanomi e linfomi non sono a marchio Caffaro. Il monito: bonifiche e altri controlli sanitari
L’incidenza di tumori maligni in città resta più alta che nel nord ovest, anche se la mortalità generale è in calo (grazie all’ottima sanità). Lo certifica il rapporto Sentieri che basandosi sugli studi fatti negli ultimi cinque anni dalle autorità sanitarie locali fa cadere il nesso con la Caffaro: i malati di melanomi e linfomi non sono quelli che hanno il sangue avvelenato dai Pcb. Crescono però altre neoplasie (come quelle alla tiroide). Gli esperti sollecitano le bonifiche e altri monitoraggi.
A Brescia aumentano l’incidenza e le ospedalizzazioni per i tumori maligni ma — grazie anche ad un’eccellente sanità — la mortalità generale è in calo rispetto al passato. La colpa di questo aumento non può però essere imputata alla sola Caffaro, che per mezzo secolo, e fino al 2001, ha riversato nei fossi e quindi sui campi irrigati qualcosa come 150 tonnellate di cancerogeni Pcb. Gli studi condotti dalle autorità sanitarie locali hanno infatti dimostrato che l’esposizione ai policlorobifenili non è direttamente collegabile all’insorgenza di melanomi e linfomi non Hodgkin, le tipologie di cancro per le quali la correlazione è provata scientificamente. Questo perché si è interrotta la «catena alimentare» vietando allevamenti e coltivazioni sui campi inquinati. E visto che l’esposizione ai Pcb avviene per il 94% per via alimentare, i divieti imposti dall’ex Asl nel 2001 hanno portato ad una costante riduzione delle concentrazioni di Pcb nel sangue, che restano comunque a livelli record in quelle persone che hanno mangiato latte, carni, uova contaminate.
È questa la sintesi del quinto rapporto Sentieri, lo studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio di inquinamento, che ha analizzato 45 siti nazionali (comprendenti 319 comuni e 5,9 milioni di abitanti). A differenza che in altri siti nazionali, questa edizione del Sentieri non trova correlazioni «evidenti» tra l’inquinante «principe» di Brescia (ma nel sito ci sono anche Passirano e Castegnato) e l’insorgenza di tumori. Avere tanti Pcb nel sangue può al massimo portare ipertensione e rischi di malattie cardiovascolari (risultati di un altro studio Ats). Ma non causa melanomi: la controprova — illustrata nei dettagli da Ats nel suo studio 2016 — viene dal fatto che il maggior numero di malati di tumore alla pelle sono residenti nei quartieri a nord (in primis Porta Venezia), dove si trova la popolazione più «abbiente», che fa più vacanze e quindi si espone di più al sole. Controversi anche i dati sui Non Hodgkin: l’incidenza (basata sul raffronto con le regioni del nordovest, ovvero Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta) è in calo del 14% ma è aumentata l’ospedalizzazione e anche la mortalità (i dati riportati nelle tabelle «mortalità» e «ospedalizzazione» si basano sul solo raffronto regionale).
Gli esperti coordinati dall’Istituto superiore di sanità invitano a non abbassare la guardia e ricordano — a scanso di equivoci — che è fondamentale proseguire nella bonifica. Bonifica che nel sito industriale inizierà solo a fine 2020. Vanno continuate anche le azioni di monitoraggio, soprattutto delle persone con elevati tassi di Pcb nel sangue, come gli ex agricoltori che si cibavano dei prodotti inquinati e gli ex operai (uno studio ha dimostrato che sono più soggetti ad una serie di patologie, anche tumorali). «In questo quadro, mantenendo prioritaria l’esigenza di proseguire l’opera di bonifica ambientale e di monitoraggio della catena alimentare — si legge nel rapporto — si ritiene opportuno assicurare il periodico aggiornamento della sorveglianza epidemiologica della popolazione di Brescia e in particolare dei gruppi di popolazione con elevata pregressa esposizione occupazionale e ambientale ai Pcb». Potranno servire anche gli approfondimenti in corso per stabilire correlazioni tra esposizioni ai Pcb e tumori al fegato e alla mammella. Ma è chiaro che più passa il tempo e più l’effetto mortifero dei Pcb perde consistenza. La stessa Ats ha dimostrato che i giovani sotto i 25 anni hanno concentrazioni nel sangue molto basse, in media con quelle del resto d’Italia.
Rispetto al Sentieri di 5 anni fa però ci sono dei dati che andrebbero evidenziati: l’incidenza di tumori maligni rispetto al nord-ovest è in aumento negli uomini (da +10 a +14%) ed in leggerissima diminuzione nelle donne (da +14% a +13%). È in calo il tumore al fegato (da +56% a +39% negli uomini e da +41% a +4% nelle donne) anche se resta ben sopra la media del nord-ovest così come per i melanomi (da + 27% negli uomini e +19% nelle donne ad un +8% in entrambi i sessi) ed i tumori alla mammella (da +25% a +19%); in forte calo i linfomi non-Hodgkin (da + 14% negli uomini e +25% nelle donne ad un -14% in entrambi i sessi). Aumenta molto l’incidenza del tumore al colon retto nelle donne (+186%) e quello alla tiroide (da +70 a +81% nei maschi e nelle donne, da +56% a +59%.
L’aumento di ricoveri per patologie tumorali ma anche di altro tipo (malattie del sistema nervoso, dell’apparato respiratorio, dell’apparato digerente) ha una svariata serie di concause, che il Sentieri non indaga. Come spesso ricordano le autorità sanitarie c’entra l’aumento dell’età media e indubbiamente gli stili di vita (fumo, consumo di alcol, dieta alimentare con troppi grassi, sovrappeso). Ma va dato il giusto peso anche all’inquinamento: per questo Sentieri dedica due capitoli a parte alla questione dell’inquinamento atmosferico (correlato alle patologie respiratorie e cardiocircolatorie) e a quella degli interferenti endocrini. Sono quei contaminanti persistenti quali diossine, Pcb, metalli pesanti (che a Brescia abbondano) pesticidi, sostanze industriali come ftalati e bisfenolo A. «Particolarmente critica è l’esposizione nel periodo prenatale e prepuberale, i cui effetti possono manifestarsi anche a distanza di anni» scrive Sentieri. Per i tumori a mammella, testicolo e prostata «si sta rafforzando l’ipotesi che l’incremento di queste neoplasie possa essere parzialmente correlato all’esposizione a inquinanti ambientali». E guarda caso c’è un eccesso di questi tumori a Brescia, così come a Porto Torres, Taranto, Bacino del Chienti e Laghi di Mantova.