Più mortalità per i giovani
Per i ragazzi di 15-19 anni aumentano i ricoveri per neoplasie (+30%) e pure la mortalità (+113%)
Nessuno genitore penserebbe che suo figlio, tra 15 e 19 anni, possa ammalarsi e morire di tumore.
E invece tra Brescia, Castegnato e Passirano (i tre comuni inseriti nel Sito d’interesse nazionale Caffaro) gli adolescenti di quell’età che sono finiti in ospedale con una diagnosi di tumore sono stati ben 35. Che significa il 30% in più rispetto alla media regionale osservata negli anni 2006-13. E i decessi? In quegli anni, sempre tra i ragazzi di 15-19 anni, le cartelle cliniche dei ragazzi residenti a Brescia hanno fatto registrare sei decessi tra chi si era ammalato di tumore: un numero di morti che supera di gran lunga (+113%) quanto atteso e rilevato nella media regionale.
A certificarlo è lo studio «Sentieri» 2019, che per la prima volta presenta anche i dati sulla popolazione pediatrica e sui giovani. Ma non si tratta di dati confortanti. Perché se è vero che, dai neonati fino a 14 anni d’età, i ricoveri per neoplasie sono 47 (inferiori dell’8% alla media lombarda) e la mortalità è poco sotto la soglia regionale (-4%), è pur vero che i «giovani adulti» (20-29 anni) si ammalano di tumore. E non poco: oltre cento i «ricoverati» in ospedale nell’arco di sette anni (+11%), con 27 casi legati a leucemie e linfomi (+10%). E tra questi colpiscono i ventenni che finiscono in ospedale per «leucemia linfoide»: si tratta di sei casi, più del doppio di quanto osservato in media nel territorio lombardo (+258%).
Le malattie del sangue non risparmiano nemmeno i più piccoli: 21 i bimbi in età pediatrica (0-14 anni) che sono finiti in ospedale per leucemie e linfomi. Ma non si tratta di pazienti ricoverati nei letti dell’Oncoematologia pediatrica del Civile, che accoglie pazienti da tutta la Lombardia, ma di residenti nella città di Brescia, oppure a Passirano e Castegnato. Sono i tre paesi che lo studio «Sentieri» considera.
Nel complesso, considerando solo gli anni 2006-08, «si sono registrati 52 casi di tumori maligni» da zero fino a 29 anni, «dei quali otto in età pediatrica e nessuno nel primo anno di vita». Ma è l’età adolescenziale quella che più preoccupa: tra i 15 e 19 anni, gli studiosi sottolineano «un eccesso di tumori nel sistema linfoemopoietico in età adolescenziale nel genere femminile, basato su 5 casi — scrivono — dei quali due leucemie, due linfomi di Hodgkin e un linfoma Non Hodgkin».
Le sorgenti inquinanti, i difetti genetici e altre cause sconosciute hanno determinato anche «un eccesso di tumori delle cellule germinali e gonadici», quelle legate alla fertilità e agli organi riproduttivi. Gli 11 casi osservati a Brescia sono molti di più di quelli registrati in media tra Lombardia, Piemonte e Liguria: un più 71% che non passa inosservato. Se si guarda la «mortalità generale» e si considerano tutte le cause, risulta un eccesso «rispetto all’atteso in tutte le classi d’età», tranne che nei 20-29enni. Considerando tutti i fattori (e non solo le neoplasie) è chiaro che «nel primo anno di vita si osserva un aumento della mortalità per le condizioni morbose di origine perinatale», quindi per malformazioni o patologie genetiche. Ma non va dimenticato che, come riportava «uno studio condotto dall’Ats», a Brescia «i nuovi nati stranieri sono più di un terzo del totale e hanno una mortalità circa doppia rispetto agli italiani». Può darsi che la mancanza di informazioni sufficienti sulla salute e le falle nella prevenzione possono aver influito. Contando però l’incidenza delle patologie in tutte le età (0-29 anni) è chiaro che le sorgenti inquinanti hanno un peso più preponderante, anche se a volte non palesato.