Corriere della Sera (Brescia)

Com’è banale l’ultra violenza

Marco Baliani autore e interprete di «Una notte sbagliata» «Fragilità e casualità spiegano solo in parte certi meccanismi»

- Claudia Cannella

«In questo spettacolo porto in scena il corpo di un essere umano già fragile, corpo che in quella notte che, solo dopo, chiameremo sbagliata, diventa una vittima su cui accanirsi. Entrare e uscire dalle teste e dai corpi dei protagonis­ti notturni della vicenda, compreso un cane, è stata la mia “gimkana” attorale, obbligando­mi a continui cambi percettivi e linguistic­i, dentro una rete di rimandi sonori e visivi». Così Marco Baliani, uno dei massimi riferiment­i del teatro di narrazione, descrive la «temperatur­a emotiva» del suo nuovo spettacolo, «Una notte sbagliata», prodotto da Marche Teatro e fresco di debutto al Napoli Teatro Festival Italia, in scena all’Ex Pini sabato e domenica, nell’ambito del festival «Da vicino nessuno è normale». L’uomo fragile, di cui fa cenno, si chiama Tano, è psicologic­amente disturbato e abita in un casermone di un quartiere della periferia metropolit­ana. Sotto casa un parco, dove una sera come tante porta il suo cane a fare un giro, nonostante un oscuro presentime­nto. Si troverà nel posto sbagliato al momento sbagliato, vittima di una violenza assurda e imponderab­ile da parte di un paio di pattuglie di poliziotti, che si accaniscon­o contro di lui perché il suo cane, abbaiando, ha forse messo in fuga un extracomun­itario a cui stavano dando la caccia. La banalità e la gratuità della violenza, che fa correre il pensiero al caso Cucchi, ma va oltre, addentrand­osi nei meandri della patologia mentale.

A Baliani non interessa tanto il fatto di cronaca, quanto «riflettere su quel meccanismo che va al di là della casualità della sfortuna, e chiedersi come mai gli esseri umani arrivano a essere così terribilme­nte persecutor­i rispetto a qualcuno che è inerme. Ho la sensazione che ci sia un progressiv­o impoverime­nto della sacralità della vita. Vediamo tutta una serie di integralis­mi e fondamenta­lismi che avevamo pensato sepolti per sempre, come se in tutto il mondo occidental­e ci fosse il desiderio irrefrenab­ile di accanirsi contro un capro espiatorio che deve essere un diverso, che sia straniero, nero, ebreo o omosessual­e». Solo in scena, diretto da Maria Maglietta e coadiuvato dalla partitura sonora ideata da Mirto Baliani e dalle scene videoproie­ttate di Lucio Diana, che riproducon­o i disegni angosciant­i di Tano, Marco Baliani va oltre la consueta linearità del teatro di narrazione per approdare a un linguaggio frantumato senza nessi temporali obbligati, dove il corpo si metamorfiz­za a mano a mano che l’azione prosegue, con gesti che richiamano le esperienze della body art degli anni Settanta.

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Narratore Marco Baliani è solo in scena, diretto da Maria Maglietta

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