Pesci «diabolici», carne e bossolà Cene natalizie, istruzioni per l’uso
Dopo i suggerimenti sui mercati locali natalizi, ecco quelli sul menu, non per vagheggiare inesistenti età dell’oro, quanto per ridare al cibo un poco del suo valore simbolico. Di magro la Vigilia, di là da non più vincolanti obblighi l’anguilla marinata, che sia di rigore quella delle valli di Comacchio, presidio Slow Food: pesce diabolico da esorcizzare mangiandolo, delle lümaghe en rael (olio, aglio e prezzemolo), dei casonsèi de puina, ricotta e qualche erbetta, le più rare lasagne col pesce persico, una tinca all’iseana, un luccio alla gardesana con la polenta, un poco di frutta secca, qualche portogàl (l’arancia)… E l’attesa è fatta.
Per il giorno di Natale i tanti, buoni, salumi bresciani: salame (di Montisola, la ret o magiola franciacortina, De.Co. a Capriolo, la soprèsa da taglio…), pancetta, cópa, òs del stomèch, serviti, a sgrassare, con della buona giardiniera di verdure, poi sempre i casonsèi ma con la carne ad arricchire il ripieno, delle mericónde, della pasta fresca con il sugo d’anatra… A seguire, il trionfo degli animali di bassa corte: cappone, gallina, tutti di prammatica con l’empiöm, ma ci sta bene anche un coniglio alla bresciana. Con le carni lesse, mostarda a volontà e che pizzichi, altrimenti salsa verde o la forestiera e umile pearà. Bossolà come dolce o l’ancor meno conosciuto e scomparso pà spezziat. Perché, come giustamente scriveva il grande Gianni Brera ne La Pacciada — Mangiarebere in pianura padana: «… Un cibo anche semplice è buono se lo mangi dove la terra l’ha prodotto e il fuoco l’ha cucinato…».