Il «cervellone» genera falsi allarmi Nessuna modifica dopo le frenate Il sistema di segnalamento di Alstom è attivo dal 2011 Ad Atm è costato 100 milioni, ora è scontro sui contratti: il software della M1 mai ristrutturato dal colosso francese
Dal 2009 a oggi, in 10 anni, per il nuovo sistema di segnalamento sulla linea 1 del metrò Atm ha speso oltre 100 milioni. Una cifra monstre, che comprende sia l’acquisto e l’installazione, sia tutti i costi successivi, tra cui la manutenzione. È quella miniera di denaro che bisogna tenere a mente oggi, quando le frenate improvvise (e ingiustificate) dei treni del metrò hanno iniziato a provocare una sequenza anomala di contusi, feriti e interruzioni del servizio. Quel sistema ha un «padre»: il produttore (fornitore di Atm) è il colosso francese Alstom. Che ha ancora una responsabilità sulla vita e il funzionamento della sua «creatura»: il sistema che continua a generare falsi allarmi sulla circolazione. Così, leggendo pericoli che in realtà non esistono, i treni si inchiodano. Atm, come annunciato due giorni fa, in questo momento sta «mitigando il rischio», rendendo le frenate meno brusche (senza alterare i parametri di sicurezza). È l’unica cosa che può fare. Ma i «buchi» nel cervello che governa i treni sulla M1, e dunque le cause dei blocchi, tranne che per aspetti minori non sono stati corretti da Alstom. L’origine dei rischi, dunque, resta intatta.
L’attore sullo sfondo
Dal 15 ottobre 2018 (blocco d’emergenza alla fermata «Uruguay», 14 feriti), il Corriere ha analizzato i circa venti bruschi stop del metrò
che sono entrati nell’inchiesta aperta in Procura. Oggi, dopo quasi un anno, esclusi gli errori dei macchinisti, Atm ha spiegato in Comune di aver eliminato tutte le interferenze sia sulla M1, sia sulla M2 (maggior pulizia, centraline difettose, porte di banchina a Sesto, altri componenti che davano problemi). Per «addolcire» i bruschi stop, da luglio l’azienda ha fatto prove di notte e di giorno e ha ottenuto in tempi rapidissimi l’autorizzazione del ministero. Così, sulla scena delle frenate «indebite», si definisce sempre più il ruolo dell’attore rimasto finora in secondo piano: il «cervello» informatico di Alstom.
L’iniezione di tecnologia
Tutto inizia nel 2006. Atm decide di modernizzare la linea 1 (inaugurata nel 1964). Obiettivo: trasformare la circolazione da manuale, controllata dai macchinisti, ad automatica. Il nuovo sistema di segnalamento è una massiccia iniezione di tecnologia su un’infrastruttura antica. Funziona così, e tutto ha a che fare con la sicurezza: nelle vecchie strutture, i binari sono divisi in sezioni; ogni sezione può essere occupata da un solo treno, come se le auto in strada restassero sempre rigidamente alla stessa distanza (concetto di blocco fisso); col nuovo segnalamento, attraverso un complesso sistema di comunicazioni radio e dialogo terra/treno, ogni convoglio conosce sempre la posizione di quello davanti, e tutte le informazioni vengono scambiate di continuo con il cervellone centrale, che in automatico controlla il movimento dei treni, calcola gli spazi di frenata, gestisce accelerazioni e fermate. Grazie a questo sistema, sulla M1 è stato possibile inserire una decina di treni in più in linea (rispetto ai 36-38 precedenti) e abbassare le frequenze nelle ore di punta da 120 a 90 secondi.
Ma come accadono le frenate indebite? In questo mastodontico scambio di informazioni, ogni tanto qualcosa non funziona, così un treno perde la sua «localizzazione» rispetto al sistema: che legge un falso allarme e blocca il convoglio (pur se un istante prima sapeva dove erano «localizzati» gli altri).
Il nodo dei contratti
I lavori per il nuovo segnalamento iniziano nel 2008 (gestione Elio Catania), ed è la prima volta che il sistema Alstom viene «sovrapposto» a una vecchia linea. Da allora Alstom lo ha esportato in tutto il mondo, in forme sempre più evolute. Ma perché a Milano è rimasto «fermo», fino ad arrivare alla serrata sequenza di frenate con feriti iniziata nel 2018?
Sono domande che molti addetti si fanno da tempo e alle quali probabilmente proveranno a dare una risposta anche i magistrati. Perché se da una parte Alstom è un colosso di straordinaria potenza economica e «politica», l’Atm è un’eccellenza tra le aziende di trasporto in Europa e ha alle spalle il Comune di Milano. Nel corso degli anni, da Atm sono partite segnalazioni di problemi e richieste di intervento. Se i rischi erano conosciuti, quelle richieste sono state mandate con la fermezza adeguata?
Le risposte si trovano probabilmente nei contratti: quello iniziale tra Atm e Alstom, più gli accordi che ne sono seguiti. Perché Atm non può e non ha le competenze per mettere le mani sul sistema (banalizzando, è come se chi ha dei malfunzionamenti col sistema operativo del proprio computer pensasse di modificarlo o correggerne i problemi). Dunque: se gli interventi e le modifiche strutturali da contratto spettassero ad Alstom, allora Atm avrebbe dovuto pretendere il rispetto degli accordi da parte del fornitore. In caso contrario, Atm dovrebbe pagare gli interventi. Secondo quanto confermato al Corriere da più fonti, da tempo sarebbe in corso una partita contrattuale con risvolti economici di un certo peso. Ecco perché, a più di un anno dopo la prima frenata con conseguenze gravi sui passeggeri, i «buchi» del sistema sono sempre gli stessi, e Atm (che pure ha avuto responsabilità su alcune frenate d’emergenza) sta cercando di intervenire sugli effetti, mentre Alstom non ha ancora messo mano alla soluzione delle cause.
Partita vecchia e nuova
La gara per il nuovo segnalamento della M1 risale al 2006 e venne gestita dalla dirigenza Massetti-Soresina. Si scontrarono Alstom (che chiedeva 68 milioni) e Siemens (altro colosso, tedesco, che offriva il suo sistema a 56 milioni). Vinse Alstom, ma 3 anni dopo il Consiglio di Stato ha stabilito che le regole di quella gara furono applicate in maniera scorretta e che Siemens fu penalizzata nonostante avesse «una consistente probabilità» di vincere (ottenne un risarcimento di oltre 3 milioni). Oggi, nuova epoca di geopolitica industriale, Alstom e Siemens hanno provato a unirsi in matrimonio, ma il progetto di fusione è stato bocciato dall’antitrust della Commissione europea lo scorso febbraio. A Milano, poco dopo, s’è aperta una nuova gara, di fatto «gemella» di quella del 2006, per il nuovo sistema di segnalamento sulla M2. Un lavoro da 100 milioni. Il termine per la consegna delle offerte è scaduto a ottobre. Alstom non ha partecipato. Si sarebbe presentato un solo candidato: Siemens.
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