Corriere della Sera (Brescia)

Ancora razzismo a Melegnano Minacce alla famiglia africana

Biglietti anonimi sull’uscio dell’appartamen­to: «Dovremo cercare un nuovo alloggio»

- Francesco Gastaldi

LODI All’inizio pareva una bega di condominio. La nuova famiglia di origine africana è un po’ rumorosa, ha i bambini piccoli, i muri sono sottili e si sente tutto. Poi però spuntano i biglietti. Anonimi, insultanti e razzisti. I nuovi inquilini vengono chiamati «negri» e «animali». L’invito, non esattament­e velato, è a «togliere il disturbo il prima possibile». L’ennesimo caso di intolleran­za investe ancora una volta Melegnano che già nello scorso febbraio era stata al centro di un clamoroso caso di razzismo nei confronti di un ragazzo senegalese ospitato da una famiglia della città. Scritte volgari nell’androne di casa, allora; scritte volgari vergate a penna su fogli anonimi, oggi . Si parte con «da quando ci siete voi non abbiamo più pace», si passa per «negri siamo stufi, finitela o andate fuori dai c…» e si finisce con «animali incivili».

Il bersaglio degli attacchi anonimi è un 29enne ghanese di Kumasi, ma arrivato in Italia quando aveva 18 anni: si chiama Moses Addai e da poco meno di due anni si è trasferito con la famiglia da Milano alla più tranquilla Melegnano. Tranquilla, lo pensava lui: il bilocale affittato da un privato al Giardino, zona residenzia­le della cittadina a Sud di Milano si è rivelato un vero inferno di convivenza. Qualche dissapore con alcuni vicini, risentiti per i rumori che a loro dire arrivano dall’appartamen­to (la coppia ghanese ha due gemelline di 4 anni un po’ vivaci) si è trasformat­o in una serie di minacce anonime che sono arrivate a colpire la famiglia africana chiamando in causa anche il colore della loro pelle.

Moses è sconcertat­o e sta già pensando di lasciare il condominio: «Ho quasi sempre vissuto a Milano e ho trovato la città tollerante, mentre in provincia la gente ti guarda strano — racconta —. Se io sia attaccato per il colore della mia pelle non so dirlo, ma in ogni caso voglio vivere tranquillo e qui tranquillo non lo sono più». Moses è un ragazzone sorridente e con una solida fede cristiana, da più di dieci anni ha messo le radici in Italia. Lavora in regola (è stato muratore, magazzinie­re e ora carrellist­a), paga l’affitto, porta le figlie all’asilo e quando può permetters­elo va a San Siro a vedere la sua squadra del cuore, l’Inter. Arrivato da Milano, lui e la moglie avevano qualche difficoltà: non hanno chiesto soldi, ma qualche mobile per arredare la nuova casa di Melegnano. La Caritas di Balbiano, frazione della vicina Colturano, li ha aiutati e ogni tanto lui si fa ancora vedere in oratorio. È stata la stessa Caritas a sollevare il caso con una lettera aperta: «Se questo non è razzismo che cosa lo è? — osserva Daniela Cornelli, referente Caritas di Balbiano che ha preso a cuore Moses fin dall’inizio —. Moses è un bravo ragazzo, ha sempre pagato l’affitto e non c’è mai stata alcuna rimostranz­a nei suoi confronti. Dove andremo a finire?».

Dei biglietti incriminat­i («Una quindicina», ricorda Moses), il giovane ghanese ne ha conservati cinque. Li ha portati ai carabinier­i, ma gli hanno suggerito di rivolgersi a un avvocato. È andato in parrocchia, gli hanno consigliat­o di parlarne in Comune. «Anche a Palazzo Broletto ho avuto risposte vaghe e comunque non posso permetterm­i una tutela legale. Non ho paura, ma vorrei che questa storia finisse. I vicini? All’inizio erano un po’ diffidenti, ora va meglio ma non ho ricevuto molto sostegno».

La storia ricorda da vicino

La Caritas

«Sono brave persone, in regola, che pagano l’affitto, non hanno mai avuto problemi»

le scritte oltraggios­e nei confronti di Bakary Dandio, il 21enne mezzofondi­sta senegalese adottato dalla famiglia Pozzi (famiglia nota a Melegnano per l’impegno sociale e per la tragedia che stroncò nel Natale del 2004 la vita della figlia 14enne Lucia, travolta e uccisa da un’auto). Per lui la cittadina si sollevò compatta ricacciand­o i razzisti nell’anonimato.

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