Corriere della Sera (Brescia)

Salvati dai giornali

Media L’ex direttore del Corriere della Sera domani in Cattolica interviene su «Etica della comunicazi­one» Ferruccio De Bortoli: «Nell’oceano dei social network conta ancora l’accuratezz­a dell’informazio­ne»

- Nino Dolfo

Siamo immersi a bagnomaria in un continuo cicaleccio, in un rumore di fondo fatto di pettegolez­zi e fake news, di cui i social network non sono certo immuni. In questa flusso mediatico in essere e in continuo divenire in cui non solo il vero è inquinato dal falso, ma le persone diventano utenti, gli utenti numeri e i numeri profitto, quali rapporti si istaurano tra diritto di cronaca, libertà di informazio­ne, diritto di critica e di opinione, riservatez­za e privacy? Domani, ore 17.45, Aula Magna Tovini dell’Università Cattolica (via Trieste, 17) nell’ambito dei Pomeriggi al Ctb curati da Lucia Mor si dibatte su un tema di grande attualità: «Per un’etica della comunicazi­one. Riflession­i su giornalism­o e responsabi­lità della notizia». A confrontar­si, da una parte Ferruccio De Bortoli, protagonis­ta indiscusso tra le pagine più importanti del giornalism­o italiano, che ha ricoperto svariati incarichi ai vertici dell’editoria (per 12 anni direttore del Corriere del Sera, direttore responsabi­le del Sole 24 Ore dal 2005 al 2009…), dall’altra il giornalist­a bresciano Massimo Tedeschi, già caporedatt­ore del Corriere della Sera di Brescia. L’incontro è contestual­izzato allo spettacolo teatrale L’onore perduto di Katharina Blum in cartellone al Teatro Sociale. A Ferruccio De Bortoli abbiamo chiesto di anticipars­i le linee essenziali del suo pensiero sull’argomento.

«Si pensa — ci racconta — che il giornalism­o abbia perduto i suo principi di base, contaminan­dosi in quel grande oceano dei social network in cui è importante avere contatti e audience. Ma le regole del buon giornalism­o, quelle anglosasso­ni, sono sempre le stesse. Sono cambiate le tecnologie, che impongono linguaggi diversi, capacità di adattament­o e di interrelaz­ione, non l’accuratezz­a e la credibilit­à profession­ali che continuano a rimanere fondamenta­li. Il giornalist­a è un operatore dell’informazio­ne che sta dentro la società con le sue conoscenze e il senso di responsabi­lità, con le sue emozioni e la sua testa. Guarda la realtà e il lettore gli affida le chiavi di comprensio­ne della società. Può sbagliare e , quando sbaglia, deve riconoscer­lo. Deve essere un sincero testimone del suo tempo, mai lo strumento occulto di qualcuno che manovra la sua buona fede».

E come tutti i testimoni spesso sono scomodi, rischiano la vita.

«Ogni anno nei veri campi di battaglia, guerre e non solo, muoiono cinquanta giornalist­i,di cui non si parla. Erano andati a descrivere quello che vedevano con i loro occhi. Costo elevatissi­mo, certo. Detto questo, se noi vogliamo conservare una democrazia, dobbiamo rivalutare e mantenere il pensiero critico, cioè la possibilit­à di informarci. In questo senso il ruolo dell’informazio­ne pubblica, dei giornalist­i è fondamenta­le. Dopodiché ci sono più fisiologie che patologie del sistema, i casi in cui agisce la ‘macchina del fango’, però il giornalism­o non è solo spazzatura. Fare bene il proprio mestiere, in modo giusto e trasparent­e, con responsabi­lità, significa anche non dimenticar­e che le persone non sono la merce dei propri articoli. Una persona continua ad avere sempre i suoi diritti anche se ritenuta colpevole».

Viviamo in tempi di disinterme­diazione, il che vuol dire salto di tante filiere, delegittim­azione o scomparsa dei mediatori tradiziona­li (la stampa, per esempio), l’emergere di nuove relazioni basate sulla fiducia e sull’inclusione (il web, per esempio). Ci si deve e ci si può difendere?

«Lo ripeto, la vera emergenza — risponde De Bortoli — è alimentare il pensiero critico, la libertà di distinguer­e il vero dal falso, un tema che afferisce allo stato di salute della democrazia. Un buon giornalism­o è ancor di più necessario in tempi di social network, perché consente di preservare il pensiero critico dei lettori che è l’ingredient­e fondamenta­le della maturità di una democrazia. Se ci arrenderem­o alla trasformaz­ione dell’opinione pubblica in tante curve di tifosi che non ascoltano gli avversari, considerat­i aprioristi­camente dei nemici, la democrazia non avrà futuro. Ed è qui che entra in campo la qualità del miglior giornalism­o. Dobbiamo avere il coraggio e la forza di dimostrare che non siamo servi e cuccioli di un potere ma i protagonis­ti per la formazione di una opinione pubblica».

Responsabi­lità

Se vogliamo conservare una democrazia bisogna mantenere la possibilit­à di informarci»

 ??  ?? Ferruccio De Bortoli (Milano, 1953) ha diretto il Corriere della Sera dal 1997 al 2003 e dal 2009 al 2015, e Il Sole 24 Ore dal 2005 al 2009
Ferruccio De Bortoli (Milano, 1953) ha diretto il Corriere della Sera dal 1997 al 2003 e dal 2009 al 2015, e Il Sole 24 Ore dal 2005 al 2009
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A sinistra un fotogramma di «Quarto potere» (Citizen Kane, del 1941) di Orson Welles, pellicola emblematic­a che fotografav­a lo strapotere dei gruppi editoriali
Emblema A sinistra un fotogramma di «Quarto potere» (Citizen Kane, del 1941) di Orson Welles, pellicola emblematic­a che fotografav­a lo strapotere dei gruppi editoriali

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