Lo strazio della mamma: «La vita non ha più senso»
Nessuna parola per il presunto assassino della figlia: «Non è il momento»
Un filo di voce per un dolore inconsolabile. La signora Milena, mamma di Francesca Fantoni, le parole non le trova. Se non per sussurrare che «la mia vita, adesso, non ha più alcun senso. Ho un dolore inimmaginabile, immenso». Nessun «commento» sul presunto assassino della figlia, non adesso, «non è il momento». La figlia, solare e gentile con tutti, una persona buona di cuore, era conosciuta e amata in tutto il paese.
Bedizzole il giorno dopo. Valpiana è una frazione silenziosa, in lutto. Milena, la mamma di Francesca, è affranta. Distrutta. «Non ho parole, mi è cascato il mondo addosso», dice con un filo di voce. Non vorrebbe parlare e infatti non parla, i pochi pensieri le si spezzano in gola: «Non è questo il momento, la mia vita non ha più senso, ho un dolore immenso, inimmaginabile. Non penso niente di chi l’ha assassinata. Ci penserò quando potrò». I parenti stretti raccontano la tragedia immane di un corpo devastato. «Le è stato fatto di tutto», aggiunge un famigliare che riferisce le condizioni dei poveri resti straziati della vittima.
Francesca è morta di notte, al buio dietro la siepe che delimita il parco dalla piazza grande, dove sostano le giostre per i giorni dei tridui. Il dramma ha preso le mosse mentre, un centinaio di metri più avanti, le famiglie stavano divertendosi sotto le luci dei grandi carillon. Ha sofferto pene feroci, prima di andarsene uccisa dalla forza bruta, in un momento di incredibile follia. Di lei si sapeva quasi tutto e quando è scomparsa l’istinto portava un brutto pensiero. Non si era mai allontanata da casa, aveva sempre avvertito a riguardo dei suoi spostamenti ed era abitudinaria. Poi però, mentre sui social il suo volto gentile passava di pagina in pagina, si faceva strada l’idea che nessuno potesse mai averle fatto del male.
E allora una speranza, un auspicio: forse una scomparsa col lieto fine, l’attesa di un ritorno che non c’è stato. Francesca è stata assassinata brutalmente: picchiata a sangue e soffocata, mentre il buio della piccola radura chiudeva nel baratro del silenzio i suoi ultimi spasmi di vita, votata a difendersi contro l’imprevedibile, contro la furia assassina che sicuramente l’aveva colta di sorpresa.
A Bedizzole era facile incontrarla per strada, Francesca, con quella sua andatura dinoccolata e talvolta dondolante. Spesso era da sola, ma talvolta c’era con lei qualche amica o gli amici del bar, ragazzini incontrati e poi dimenticati nel giro di un giorno o di una settimana, perché Francesca, anche se non li dimostrava, andava tranquilla verso i quarant’anni. Era un’esistenza serena, la sua, e in paese portava sempre una ventata di ottimismo e di fiducia a chi la incontrava in piazza o nelle vie dintorno. C’erano anche i giorni in cui camminava assorta e pensierosa, quasi sempre vestita col suo tipico abbigliamento sportivo.
Però, se c’era un incrocio tra gli occhi, il sorriso saliva lieve e impercettibile alle labbra e un saluto scoccava generoso. Era figlia di Milena e di Elio, lei una bellissima ragazza, lui un rivenditore di auto al Borghesio e noto nei dintorni come «Bronson», proprio per la sua straordinaria somiglianza con l’attore americano. Poi «Bronson» venne assalito dal male e se ne andò qualche anno fa. Nella sua storia di ragazzo, anche la tragica fine di un fratello, morto poco più che ventenne, improvvisamente, durante il sonno. Adesso la scomparsa di una figlia, sempre compresa e adorata, non solo dalle persone più care.
Bedizzole non è nuovo a questo genere di tragedie. Anni fa l’omicidio dell’Italcase, sul finire degli anni ottanta la tragica morte al parco Airone di una giovane di Calcinato, assassinata a bastonate e poi bruciata da un coetaneo di Bedizzole. Prima ancora, la terribile e misteriosa vicenda dei fratelli Patané e della piccola Desirée, una storia lugubre e maledetta che riempì i
Serena e gentile Francesca aveva un sorriso per tutti, a cui portava una ventata di ottimismo e fiducia
rotocalchi dell’epoca, intorno alla metà degli anni Settanta. Adesso la morte violenta che ritorna in un paese che altrimenti sembrerebbe un’oasi di pace, situato com’è a due passi dal lago e a pochi chilometri da Brescia.
Francesca ci lascia l’angoscia di un addio non voluto da nessuno, ci lascia i ricordi e una vita interrotta a metà, nel mezzo di una brutta notte d’inverno, nebbiosa e fredda, mentre nel parco camminavano silenziose ombre molto cattive.