Scuola e bimbi le istruzioni per l’uso
Due esperti di pedagogia e didattica spiegano come la scuola e la famiglia possono risolvere i problemi e i rischi legati alla contingenza
La pedagogista Monica Amadini e l’esperto di didattica Pier Cesare Rivoltella raccontano al Corriere come l’emergenza può dare preziosi insegnamenti alla scuola e alla famiglia.
L’emergenza coronavirus che ha destabilizzato il nostro Paese e ormai quasi tutto il mondo ha costretto la popolazione italiana ad adottare comportamenti e abitudini straordinari che potrebbero risultare poco chiari ai più piccoli. Risponde ai dubbi più frequenti, condivisi tra genitori e insegnanti, Monica Amadini, ordinaria di Pedagogia Generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia.
Dal punto di vista pedagogico come rapportarsi ad essi? Coinvolgendoli o escludendoli da quel che sta accadendo, “proteggendoli” sotto una campana di vetro?
«Il bambino è protagonista della propria crescita e l’adulto deve mantenere una funzione di affiancamento e rendere i bambini costruttori del proprio divenire, senza cadere in un eccesso di adultizzazione. Il bambino è capace di elaborare rappresentazioni della realtà a proprio modo, con i propri strumenti. Bisogna lasciare spazio alle loro domande, ascoltarne il vissuto. Proteggerli non significa tenerli lontani dalle sfide della vita, ma aiutarli a comprendere cosa accade, senza mai minare il senso di fiducia nel mondo».
Concretamente come si può spiegare loro gli eventi di questi giorni e con quale linguaggio?
«I bambini vanno ascoltati, dare loro la possibilità di trovare parole o strumenti espressivi per esprimere cosa sentono, le paure legittime, e rassicurarli che non sono soli, ma che ci sono adulti pronti a prendersi cura di loro (genitori e medici). Il genitore deve selezionare parole chiare e comunicare informazioni precise, senza lunghe o futili spiegazioni, utilizzando espedienti pratici (lavarsi le mani cantando una canzone); rispondere con sincerità senza eccesso di dettagli; non esporre i bambini continuamente alle immagini divulgate dalla TV e dai reportage giornalistici se non si ha tempo di commentarle, poiché si rischia di saturarne l’immaginario. Il gioco va valorizzato: si può “giocare al coronavirus” poiché tale dimensione aiuta il bambino ad elaborare le esperienze di vita e le emozioni (attraverso disegno e narrazioni).
«Non focalizziamo la comunicazione solo sul divieto, su cosa non è permesso fare, ma formulando riti alternativi,
con creatività, per evitare il sopraggiungere dell’angoscia (ad esempio: se non si può andare all’asilo si può andare al parco, outdoor education). Anche l’insorgere della noia, dovuta alle poco attività disponibili nell’ambiente domestico, per il bambino generalmente sommerso da stimoli può essere un utile pretesto per la riflessione. Tutto questo può essere visto come occasione per ritrovare significati e stili relazionali smarriti a causa dei ritmi frenetici della nostra quotidianità».
Autrice di numerosi testi, nel più recente volume Crescere partecipando (Scholé, € 16,00) parla del concetto di responsabilità associato al bambino, richiamato più volte nei discorsi delle autorità.
«La dimensione della responsabilità è per tutti un traguardo formativo. L’emergenza sanitaria in atto è un’occasione educativa per aiutare i bambini a sviluppare tale senso verso la comunità, l’empatia e la capacità di decentramento cognitivo, per tutelare sia noi stessi che gli altri, i più fragili, di cui siamo responsabili con i nostri comportamenti. I bambini intuiscono che il loro contributo è importante e che i loro piccoli sacrifici non sono marginali. Sono competenze relazionali necessarie, di mediazione tra soddisfacimento personale e bisogni del prossimo, in vista di un bene comune: le basi per una cultura dell’infanzia civile».
"Monica Amadini Le criticità sono una occasione educativa per aiutare i più piccoli a fare comunità