Pasini lascia la corsa per Confindustria
L’ECONOMIA IL COLPO DI SCENA «Al mio progetto apprezzamenti non sufficienti per arrivare alla presidenza»
Senso di responsabilità e, soprattutto, consapevolezza che il suo programma non è riuscito a raccogliere appoggi sufficienti per approdare allo scranno che ancora per poco è di Vincenzo Boccia. Giuseppe Pasini ha lasciato ieri la corsa alla presidenza di Confindustria con una nota in cui auspica unità.
"
Il momento Sono settimane di grande tensione serve unità e responsabilità
Io do l’esempio
Si era preparato per tempo, scompigliando, alla bresciana, i ritmi e i tempi romani di una organizzazione, Confindustria, che ha le sue liturgie, i momenti in cui confrontarsi e quelli in cui lasciar parlare i ... silenzi. Giuseppe Pasini, dominus della Feralpi di Lonato (una solida realtà internazionale da 1,3 miliardi di fatturato e 1500 dipendenti), dinamico presidente dell’Associazione industriale bresciana dal 2017, aveva puntato lo scranno più alto di viale dell’Astronomia sin dal settembre scorso, quando i suoi colleghi bresciani lo avevano insignito del ruolo di pretendente del posto di Vincenzo Boccia. La corsa per lui, però, nonostante l’appoggio di 26 consiglieri (per l’elezione ne serviranno 90) si è rivelata in salita rispetto a quella dei concorrenti (alla fine erano rimasti il lombardo Carlo Bonomi e Licia Mattioli, vice presidente di Confindustria, personaggio di spicco degli industriali torinesi) ed ecco la decisione di lasciare.
«In queste settimane di grande tensione per il nostro Paese e per il mondo intero — ha spiegato Pasini in una nota — ho pensato fosse giusto dare
"
Il futuro Dobbiamo essere capaci di parlare al Paese con forza difendendo il nostro ruolo
priorità alla responsabilità nei confronti delle collettività. Per questo sono arrivato alla conclusione che sia utile rafforzare la nostra associazione dando io per primo un segnale di compattezza e di unità che il nostro Paese si aspetta a tutti i livelli». Pasini, auspicando una candidatura unitaria, lascia senza un esplicito endorsement verso gli ex rivali e non è escluso che chi lo ha appoggiato in questi mesi (categorie importanti come Federacciai, ad esempio) finisca per approdare a questo o a quel candidato in ordine sparso.
«Gli incontri di queste settimane in giro per l’Italia — ha ricordato Pasini — sono stati l’occasione per presentare la mia proposta di lavoro, secondo cui il ruolo di Confindustria deve tornare ad essere quello di casa dell’industria, indipendente dal settore e dalle dimensioni, capace di parlare al Paese con forza e chiarezza. Su queste linee programmatiche ho registrato grandi apprezzamenti ma non sufficienti, in termini di voto, per traguardare alla presidenza nazionale. Si è trattato di un esperimento arricchente e coinvolgente».
Per Brescia sfuma così, dopo quello di Marco Bonometti nel 2016, il secondo tentativo di conquistare quella presidenza che dal 1984 al 1988 fu del cavalliere di Casto Luigi Lucchini. (m.tor.)