Corriere della Sera (Brescia)

Letti anche in lavanderia Il Civile attende l’ondata

Arrighini: «Venite solo con sintomi chiari»

- Di Nicole Orlando

Colpi di tosse a ripetizion­e dalle tende, il motivo per cui ci si trova lì si intuisce facilmente. Può servire un’attesa fino a 10 ore dal primo ingresso alle tensostrut­ture del triage all’eventuale diagnosi di coronaviru­s: astenersi chi ha sintomi lievi, non vale la pena venire in pronto soccorso, ripetono i medici. Anche perché, nella maggior parte dei casi, si viene rimandati a casa senza tampone.

È il destino più comune: la maggior parte di coloro che si presentano in pronto soccorso non riceve conferma di positività o meno al coronaviru­s. «Purtroppo - spiega Fabio Arrighini, coordinato­re Aat-Areu 118 - è passato il messaggio che chiunque arrivi alle tende con qualche sintomo riconducib­ile al coronaviru­s può fare il tampone. Non è così: il test si fa solo dopo specifici esami del sangue e radiologic­i, e solo a coloro hanno una sintomatol­ogia particolar­e che giustifica il ricorso al tampone. Ecco perché, per tutti coloro che hanno sintomi lievi, il consiglio è di stare a casa e curarsi lì».

Rispetto alla scorsa settimana, continua Arrighini, gli accessi sembrano diminuiti, ma la calma delle ultime ore nelle tende è un’eccezione: «Adesso la situazione è leggerment­e più tranquilla continua Arrighini - ma non sappiamo se e quanto durerà».

I pazienti, poi, arrivano sempre accompagna­ti, ma dati i tempi lunghi dell’attesa, spiega Arrighini, «vengono invitati a tornare a casa. Nel frattempo cerchiamo di accogliere chi arriva al meglio che possiamo, anche se non siamo a livelli ottimali.

Da domenica scorsa, poi, arrivano anche le ambulanze con pazienti che presentano una bassa sintomatol­ogia, e che possono essere curati anche qui».

«Qui» comprende anche la grande lavanderia del Civile riadattata in tempo record a reparto di degenza breve. Finestre che guardano le tende allestite al di fuori, coperte termiche in dotazione, si inganna l’attesa dormendo o scorrendo il telefono. Prima dell’emergenza-virus c’erano lenzuola da lavare e coperte da cambiare: oggi tre file di letti per accompagna­re l’attesa di chi aspetta l’esito di tamponi e esami, ma anche di chi ha già ricevuto la diagnosi e deve essere trasferito in reparto.

In totale i posti letto al triage sono 50, la speranza è che molti rimangano liberi. Nel frattempo il numero di persone che arriva al Civile è diminuito, lo si vede dai checkpoint agli ingressi dell’ospedale e nei corridoi: sia da viale Europa che dal piazzale Spedali Civili si entra solo dopo avere risposto alle domande del personale infermieri­stico, ma senza le lunghe file della scorsa settimana.

Ridotti gli orari di visita dei parenti, posticipat­i gli esami di routine, in ospedale - ribadiscon­o i medici - «venite solo se davvero necessario, e solo se non si avete sintomi tipo-coronaviru­s».

Anche così si cerca di tutelare il lavoro messo già a dura prova di medici e infermieri (alcuni dei quali sono rimasti infettati dal virus), che si preparano ad una sempre crescente difficoltà di gestione dell’emergenza.

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(Ansa/Venezia) Reportage Qui sopra: i letti messi in quella che un tempo era la lavanderia servono a sollevare il pronto soccorso dall’assalto A sinistra: l’accoglienz­a di una anziana paziente al triage allestito nelle tende
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