Imprese a rischio chiusura Bar cittadini in quarantena
To (be)er or not to be(er): il dubbio è stato risolto con un hashtag, #chiusiperbrescia. Tra gli antidoti al coronavirus c’è l’astinenza dal Moscow mule, dagli strusciamenti al bancone e dal culto edonistico dello shottino: i locali sono andati oltre paragrafi e cavilli delle ordinanze del governo (che prescriveva la chiusura alle 18) e hanno scelto la quarantena. Volontaria e totale. Il primo post — amaro, difficilmente commestibile ma ineccepibile — è stato pubblicato dalla Riserva del Grande e poi copiato e incollato da una settantina di bar e ristoranti nel giro di qualche minuto (Torre d’Ercole, Piantavigna, Laboratorio Lanzani, Classico eccetera).
Alla lettera: «Dopo giorni di confronti continui siamo arrivati alla decisione di chiudere le nostre attività, compresi i bar e ristoranti a cui è stato concesso di tenere aperto dalle 6 alle 18. Ci aspettavamo un’ordinanza che ce lo imponesse, perché vi lasciamo immaginare le conseguenze economiche di questa decisione. Tuttavia, vista la gravità della situazione riteniamo doveroso fare la nostra parte chiudendo autonomamente, dando il nostro apporto affinché non si sovraccarichi il sistema sanitario. Riteniamo sia il momento delle responsabilità condivise e delle decisioni prese in comune». Per finire: «Vi invitiamo pertanto a seguire il nostro esempio limitando al massimo i vostri spostamenti e contribuendo come società coesa a uscire da questa crisi». Il sindaco Emilio Del Bono ha ringraziato via social. Ipse scripsit: «Brescia vi è grata e non mancherà di sostenervi anche economicamente». Alcuni ristoranti, invece, hanno preferito continuare a servire tentazioni gourmet. Con i camerieri in mascherina e i tavoli in sala ridotti per il business lunch e il servizio d’asporto a cena, durante il coprifuoco: oltre ai pranzi e alle merende (etiliche, con un piatto della carta a scelta), dopo le 18 Cosmopolitan recapita a casa antipasti, primi, secondi e dessert. Il menu è lo stesso, ma la forma varia a seconda della distanza dalla cucina: «Pane sottovuoto, affettati e sughi pronti per chi abita a più di 200 metri dal ristorante, in modo che non arrivino piatti freddi o scotti» fa sapere Ferdinando Santoni, il titolare. Si continua a cucinare rispettando le regole fino all’ultimo paragrafo: «Ma il lavoro è diminuito. Oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo fatto otto coperti. Il 60% in meno». Il delivery dopo le 18 è stato scelto anche da altri colleghi, come l’Officina del mare.
L’alternativa al ristorante resta il supermercato: davanti all’Esselunga di via Volta c’è un gentilissimo mastino della sicurezza in mascherina. Niente bolgia tra le corsie, si entra a scaglioni.
Anche l’haute couture ha sdoganato i guanti di lattice. Neri, minimali, li indossano le commesse di Penelope. Nel suo ufficio strapieno di pezzi di culto e reliquie sartoriali, in fondo al negozio, Roberta Valentini apre l’agenda, prende la penna e tira una riga sugli appuntamenti a Milano: «Nelle ultime settimane sono stata a Londra e Parigi, ma per la prima volta — dice — ho disdetto i miei impegni fuori Brescia». Il suo ragionamento non fa un plissé: «Alcuni dipendenti sono già ricorsi allo smart working per precauzione». Anche il lusso si è vestito di lutto: «In questi giorni abbiamo fatto circa il 40% in meno. L’e-commerce, invece, tiene».
Nel luogo di culto del low cost, HM, gli avvisi sono appesi anche in camerino: «Il nostro personale vigilerà affinché all’interno del punto vendita venga rispettata la distanza di un metro» (non ce n’è bisogno, lo store è semivuoto). Se molti negozi del centro restano aperti, nonostante la latitanza collettiva, Mango avvisa «la gentile clientela» (cit) che rimarrà chiuso fino a venerdì: «Ci scusiamo per il disagio».
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"Valentini Alcuni dipendenti sono già ricorsi allo smart working per precauzione