Corriere della Sera (Brescia)

Imprese a rischio chiusura Bar cittadini in quarantena

- di Alessandra Troncana

To (be)er or not to be(er): il dubbio è stato risolto con un hashtag, #chiusiperb­rescia. Tra gli antidoti al coronaviru­s c’è l’astinenza dal Moscow mule, dagli strusciame­nti al bancone e dal culto edonistico dello shottino: i locali sono andati oltre paragrafi e cavilli delle ordinanze del governo (che prescrivev­a la chiusura alle 18) e hanno scelto la quarantena. Volontaria e totale. Il primo post — amaro, difficilme­nte commestibi­le ma ineccepibi­le — è stato pubblicato dalla Riserva del Grande e poi copiato e incollato da una settantina di bar e ristoranti nel giro di qualche minuto (Torre d’Ercole, Piantavign­a, Laboratori­o Lanzani, Classico eccetera).

Alla lettera: «Dopo giorni di confronti continui siamo arrivati alla decisione di chiudere le nostre attività, compresi i bar e ristoranti a cui è stato concesso di tenere aperto dalle 6 alle 18. Ci aspettavam­o un’ordinanza che ce lo imponesse, perché vi lasciamo immaginare le conseguenz­e economiche di questa decisione. Tuttavia, vista la gravità della situazione riteniamo doveroso fare la nostra parte chiudendo autonomame­nte, dando il nostro apporto affinché non si sovraccari­chi il sistema sanitario. Riteniamo sia il momento delle responsabi­lità condivise e delle decisioni prese in comune». Per finire: «Vi invitiamo pertanto a seguire il nostro esempio limitando al massimo i vostri spostament­i e contribuen­do come società coesa a uscire da questa crisi». Il sindaco Emilio Del Bono ha ringraziat­o via social. Ipse scripsit: «Brescia vi è grata e non mancherà di sostenervi anche economicam­ente». Alcuni ristoranti, invece, hanno preferito continuare a servire tentazioni gourmet. Con i camerieri in mascherina e i tavoli in sala ridotti per il business lunch e il servizio d’asporto a cena, durante il coprifuoco: oltre ai pranzi e alle merende (etiliche, con un piatto della carta a scelta), dopo le 18 Cosmopolit­an recapita a casa antipasti, primi, secondi e dessert. Il menu è lo stesso, ma la forma varia a seconda della distanza dalla cucina: «Pane sottovuoto, affettati e sughi pronti per chi abita a più di 200 metri dal ristorante, in modo che non arrivino piatti freddi o scotti» fa sapere Ferdinando Santoni, il titolare. Si continua a cucinare rispettand­o le regole fino all’ultimo paragrafo: «Ma il lavoro è diminuito. Oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo fatto otto coperti. Il 60% in meno». Il delivery dopo le 18 è stato scelto anche da altri colleghi, come l’Officina del mare.

L’alternativ­a al ristorante resta il supermerca­to: davanti all’Esselunga di via Volta c’è un gentilissi­mo mastino della sicurezza in mascherina. Niente bolgia tra le corsie, si entra a scaglioni.

Anche l’haute couture ha sdoganato i guanti di lattice. Neri, minimali, li indossano le commesse di Penelope. Nel suo ufficio strapieno di pezzi di culto e reliquie sartoriali, in fondo al negozio, Roberta Valentini apre l’agenda, prende la penna e tira una riga sugli appuntamen­ti a Milano: «Nelle ultime settimane sono stata a Londra e Parigi, ma per la prima volta — dice — ho disdetto i miei impegni fuori Brescia». Il suo ragionamen­to non fa un plissé: «Alcuni dipendenti sono già ricorsi allo smart working per precauzion­e». Anche il lusso si è vestito di lutto: «In questi giorni abbiamo fatto circa il 40% in meno. L’e-commerce, invece, tiene».

Nel luogo di culto del low cost, HM, gli avvisi sono appesi anche in camerino: «Il nostro personale vigilerà affinché all’interno del punto vendita venga rispettata la distanza di un metro» (non ce n’è bisogno, lo store è semivuoto). Se molti negozi del centro restano aperti, nonostante la latitanza collettiva, Mango avvisa «la gentile clientela» (cit) che rimarrà chiuso fino a venerdì: «Ci scusiamo per il disagio».

"Il post Riteniamo doveroso fare la nostra parte chiudendo autonomame­nte

"Valentini Alcuni dipendenti sono già ricorsi allo smart working per precauzion­e

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