Nessuna limitazione per le merci Il conto per Brescia è di 400 milioni
Per Massetti la situazione peggiora «si va verso la chiusura delle aziende, si salva solo l’alimentare» Sivieri: «Bisogna avere iniziative forti subito»
«Le limitazioni introdotte non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro. Le merci possono entrare ed uscire dai territori interessati».
«Il trasporto delle merci è considerato come un’esigenza lavorativa: il personale che conduce i mezzi di trasporto può quindi entrare e uscire dai territori interessati e spostarsi all’interno degli stessi, limitatamente alle esigenze di consegna o prelievo delle merci». Le associazioni di impresa da due giorni passano il tempo al telefono per spiegare i dettagli, fare note esplicative sull’ultimo decreto del Governo che limita fortemente le possibilità di movimento. Gli imprenditori stessi sono impegnati nelle loro aziende, ci sono rapporti con i fornitori, con i clienti, c’è da capire come gestire una fase più che difficile, inedita, che nella migliore delle ipotesi andrà avanti ancora un mese. La preoccupazione — inutile dirlo — è enorme per l’impatto economico. L’ufficio studi di Aib di numeri non ne fa, ritenendo azzardata qualsiasi ipotesi in questo momento. «Qualsiasi numero — osservano — rischia di diventare vecchio immediatamente».
Certo, fare stime in una giornata in cui la Borsa ha perso l’11% (e quelle mondiali non sono andate molto meglio) o in giornate in cui anche il prezzo del petrolio traballa non è semplice. Due settimane fa o poco più, prime ore dopo Codogno, la stima nazionale (BannKitalia) era di un effetto dello 0,2% sul Pil nazionale, il 7 marzo — basandoci sulle proiezioni delle agenzie di rating — siamo all’1% di perdita secca (dal +0,5% al -0,5%). Per Brescia, che ha un Pil stimato di circa 38 miliardi (fonte Aib), significa passare da un conto di 80 milioni di euro a qualcosa come 400 milioni di euro. Oggi, vista l’evoluzione del virus e la nuova stretta, è facile immaginare che le conseguenze potrebbero essere ben più pesanti. Sul piano del Pil e dell’occupazione. «La situazione sta peggiorando — afferma il presidente di Confartigianato Eugenio Massetti — qui si va rapidamente verso la chiusura delle aziende. Sulla carta ci si può muovere, ma in realtà è quasi tutto fermo. Ma bisogna essere responsabili, attenersi scrupolosamente alle direttive sanitarie e che Dio ce la mandi buona». Per Massetti in questo momento sono colpiti tutti: «A parte forse l’alimentare, perché mangiare bisogna farlo, siamo al disastro totale». Poi ribadisce che, in questo momento, «più del Pil bisogna pensare alla pel, alla salute». Poi verrà il tempo delle decisioni: «Che devono essere shock», sottolinea. Sulla necessità di un intervento forte e subito sul piano economico anche il presidente di
Apindustria Douglas Sivieri: «Servono interventi radicali, poi pagheremo il conto con la Ue, ma bisogna avere iniziative forti subito». Da parte sua la preoccupazione per «le sorti delle aziende di tutti, oggi per il commercio e le palestre, domani per le metalmeccaniche e per tutti quanti», ma anche tanta rabbia per quella che definisce incapacità e timidezza del governo: «Ci sono delle vie di mezzo che non stanno né in cielo né in terra. Il dato vero è che arriviamo impreparati: pensavamo di non poter mai diventare la Wuhan d’Europa e oggi non abbiamo risposte rapide e adeguate: né sul piano sanitario, né su quello economico». Molta preoccupazione anche tra i sindacati: «Commercio, servizi e cooperative sono in attesa di misure sulla cassa in deroga», ricorda il segretario della Cgil Francesco Bertoli. Sono i primi che già oggi stanno vedendo gli effetti della frenata. In provincia di Brescia, pur manifatturiera, i lavoratori del commercio e servizi nel privato sono circa 270 mila, quasi il 50% del totale della forza lavoro. Subito dietro artigiani e manifattura. Prima se ne esce meglio è. ( t.b.)
Le misure Commercio, servizi e cooperative sono in attesa di misure sulla cassa in deroga