Lo statista rivoluzionario
Daniele Montanari ha rintracciato e pubblica le lettere giovanili del politico bresciano
Un liberale progressista dal cuore mazziniano. Un presidente del Consiglio dal passato rivoluzionario. Un polemista agguerrito e un cronista puntiglioso. Un protagonista di vicende storiche capace di farsene però anche osservatore e storico. Una fonte talmente attendibile per un amico storico al punto di divenire co-autore (non dichiarato) di una celebrata opera storiografica. È un ritratto sfaccettato, intellettualmente e umanamente ricco quello dello statista bresciano Giuseppe Zanardelli (1826-1903) tratteggiato da Daniele Montanari nel suo «Zanardelli storiografo mazziniano. Memorie e riflessioni politiche dal carteggio Odorici», appena pubblicato.
La genesi fortuita della nuova impresa editoriale di Montanari è spiegata dall’autore in premessa. Memore di una sua recensione predisposta quarant’anni fa per Bresciaoggi e dedicata alla ristampa delle «Storie bresciane» di Federico Odorici ad opera delle Edizioni del Moretto, Montanari — storico modernista — progettava di tracciare un profilo storiografico dell’insigne storico dell’Ottocento quando s’è accorto che nelle note del X e XI volume Odorici — storico medievista — dichiarava diffusamente il proprio debito di riconoscenza verso Giuseppe Zanardelli che negli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento era un politico in ascesa sulla ribalta romana.
Montanari, assiduo frequentatore di archivi, s’è messo alla ricerca delle tracce documentarie di questa collaborazione: s’è imbattuto così in una quindicina di lettere dell’Odorici a Zanardelli contenute nel Fondo Zanardelli presso l’Archivio di Stato di Brescia, ma soprattutto ha scovato cinquanta lettere zanardelliane nel fondo Odorici presso la Biblioteca Apostolica
Vaticana. Da qui si evince che ampi brani dei due volumi di Odorici utilizzano integralmente passi dello Zanardelli. Non solo. Con la collaborazione di Alessandra Tadiello e l’assistenza di Angelo Brumana, Montanari ha trascritto e ora pubblica questi due fondi insieme ad alcune lettere giovanili dello Zanardelli ai familiari e a una sua lunga lettera ad Agostino Depretis in cui tratteggia all’indomani dell’Unità l’orientamento delle classi dirigenti bresciane.
Tutto questo, complice la densa introduzione di Montanari, consente di mettere a fuoco il profilo giovanile del futuro riformatore del codice penale italiano e futuro presidente del Consiglio. Si tratta di un ragazzo di formazione mazziniana che aderisce ai moti del ’48 entrando – lui studente di Legge a Pavia, collegio Ghislieri – nel Battaglione degli studenti che si forma a Milano, tifa per Mazzini e contesta Gioberti, subisce i rovesci di quell’anno e individua uno dei responsabili nell’inerzia frenante del ceto dirigente bresciano. Le X Giornate di Brescia del 1849 sorprendono Zanardelli a Pisa, dove ha ripreso gli studi in Legge lontano dalla Lombardia austriacante dove il suo nome era stato messo all’indice. Zanardelli è anche una fonte ben informata circa le spedizioni dei volontari bresciani in Trentino. Zanardelli è anche testimone del «decennio della tirannia» che corre fra il 1849 e il 1859, ovvero delle persecuzioni cui il generale austriaco Susan sottopone un patriota come lui. Zanardelli polemizza aspramente con i maggiorenti bresciani (Longo, Valotti, Belotti, Balucanti) che dopo la stagione filo-austriaca dettano una condotta del Municipio pavida e temporeggiatrice, finendo per impedire nel 1859 una sollevazione popolare per cui lui si impegna invece alacremente.
Zanardelli non è l’unica «fonte» di Odorici nel ricostruire queste vicende. Con lui concorrono Ugoni e Gabriele Rosa con il risultato che l’Odorici, liberale moderato, abbraccia le posizioni più «aperte» proprio nel comporre gli ultimi due volumi e nel ricostruire le vicende più recenti. La visione storiografica di Zanardelli è totalmente moderna. «La storia — scrive all’amico — non è panegirico, e bisogna o spegnerla del tutto, o lasciare che ti ritragga con austera e salutare interezza anche gli errori dei popoli e dei magistrati». Bellissima anche la sua descrizione della Lombardia all’indomani della rovinosa conclusione delle X Giornate: «Essendo la Lombardia un paese maledetto dal cielo ma ancora il più ricco di affetti, di fermezza e di avvenire fra tutti d’Italia». Sembra scritta oggi. In tempi di coronavirus...