Corriere della Sera (Brescia)

L’infettivol­ogo sfata il mito: malati anche tra i migranti

Per il direttore generale dell’Ats di Brescia il coronaviru­s si è diffuso dapprima nei paesi vicini alla provincia di Lodi e di Cremona a causa di alcuni scambi commercial­i tra i residenti «Ottima la scelta iniziale di alcuni sindaci di vietare il gioco d

- Di Matteo Trebeschi

Il reparto del Civile diretto dal professore Francesco Castelli (Ansa)

Il coronaviru­s sembra colpire poco gli extracomun­itari di origine asiatica e africana che vivono nel nostro Paese. Esiguo il numero dei ricoverati, ma da cosa dipende? Nei social va per la maggiore l’ipotesi che la fortuna degli stranieri sia di essere «tutti coperti dal vaccino della tubercolos­i». Una deduzione priva di fondamento secondo Francesco Castelli, professore di Malattie infettive dell’Università di Brescia. «È un’ipotesi fantasiosa. Premesso che nessuno può dare certezze in questo momento, non ne vedrei comunque un razionale biologico» dice Castelli. Ricordando che in Cina il vaccino contro la Tubercolos­i (Tbc) viene fatto di base a tutta la popolazion­e. E di certo questo non ha preservato Wuhan e la provincia di Hubei dal contagio del Covid-19. «Gli extracomun­itari hanno un’età media più giovane» ricorda Castelli, che invita a non escludere anche l’ipotesi di «fattori genetici protettivi»: della serie che gli stranieri potrebbero avere nel proprio corredo genetico un qualche elemento (tutto da indagare) che li preserva dal Covid-19. «Ci sono infatti fior di malattie che sono prevalenti in certi gruppi etnici. Da noi, per esempio, l’anemia mediterran­ea è protettiva rispetto alla malaria, perciò si potrebbe ipotizzare che ci siano fattori genetici protettivi» anche per il Covid-19. Quanto questo prevalga rispetto ad altre variabili «è difficile dirlo» aggiunge il primario del reparto Infettivi dell’ospedale di Brescia.

Con circa 800 pazienti attualment­e ricoverati (e 1.700 curati dal 21 febbraio scorso) gli Spedali Civili sono in prima linea sul fronte del coronaviru­s, un’emergenza che ha investito soprattutt­o la popolazion­e

italiana e poco quella straniera, che comunque non è esente dal contagio. Di pazienti extracomun­itari ricoverati «ce ne sono meno rispetto alla prevalenza che si osserva nella popolazion­e italiana» conferma Castelli. Per lui, però, si possono fare solo ipotesi. «La prima, quella più semplice, è che nei giovani la malattia sia molto meno impegnativ­a che nelle persone anziane». E infatti «gli stranieri sono più giovani come età media». Poi c’è il diverso

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Gli esperiment­i

Il virus appare sensibile a umidità e temperatur­a ma non farei troppo affidament­o

rapporto tra patologie e accesso alle cure. Mentre gli italiani sono più informati e si recano in ospedale anche in presenza di pochi sintomi, gli extracomun­itari hanno invece «una minore attitudine al ricorso alle cure ospedalier­e».

Al momento, nel bresciano, il contagio ha colpito più di cinquemila persone: si tratta di 4,8 positivi ogni mille abitanti. Ma il numero dei sommersi potrebbe essere 5-10 volte più grande, come suppone uno studio pubblicato su Science. In molti sperano che il virus si attenui con l’inizio della primavera e di una stagione più calda: è solo un’illusione? «Negli esperiment­i in vitro si osserva che il virus è sensibile alle condizioni di umidità e temperatur­a — risponde Castelli — ma non farei troppo affidament­o su questo».

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Malattie infettive

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