Agricoltura non stop
Crescono i consumi alimentari. «Noi pronti a garantire le famiglie»
Con le famiglie costrette a restare in casa sono esplosi i consumi di genere alimentare. Le famiglie acquistano di più, soprattutto beni primari come latte, uova, pasta, carne. Il settore agricolo è sotto stress per i carichi di lavoro e non si è mai fermato nonostante il rischio di contagio. Le associazioni: «Noi ci siamo».
Il riso, il grano, il vino, ortaggi come melanzane, carciofi, sedano, finocchi di cui l’Italia è il primo produttore in Europa. Lattughe, cavolfiori, spinaci, zucchine, legumi di cui la Penisola è al secondo posto sul Continente. La frutta: pesche, meloni, limoni, arance, fragole. Ovviamente il latte e i suoi derivati, le carni fresche e i salumi.
Mentre l’emergenza sanitaria riduce pesantemente gli scambi commerciali fra Paesi soprattutto a causa del rallentamento della logistica, cresce la domanda alimentare con evidenti aumenti degli acquisti nei supermercati e nei negozi di vicinato rimasti aperti. Lo fotografa una rilevazione Iri in collaborazione con Coldiretti, secondo cui, nella settimana dall’8 al 15 marzo scorso, la domanda di beni primari da parte delle famiglie ha subìto una vera e propria esplosione tanto da far parlare l’associazione di categoria «di una vera e propria spesa di guerra». Nello specifico sono cresciuti gli acquisti di uova (+50%), di latte Uht (+47%), di pasta (+59%), di caffè (+17%), di vino (+11%), di acqua in bottiglia (+9%) e in generale di prodotti a lunga conservazione come Grana Padano e Parmigiano (+38%), tonno sott’olio (+34%), salumi (+22%) legumi secchi (+83%), carne in scatola (+82%) e fagioli conservati (+72%).
«Anche se questa corsa alle scorte è ingiustificata e ha messo sotto pressione il lavoro di oltre tre milioni di italiani ai quali è stato richiesto di continuare a operare nella filiera alimentare, dalle campagne alle industrie di trasformazione fino ai trasporti — ragiona Ettore Prandini, bresciano e presidente nazionale di Coldiretti — la catena produttiva, logistica e distributiva è finora riuscita a garantire i beni necessari per tutte le famiglie italiane».
Una realtà che, allargata dai campi agli scaffali, a livello nazionale vale 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil e che conta su 740 mila aziende agricole, 70 mila industrie alimentari e 230 mila punti vendita tra Gdo e a negozi di vicinato e che vede la provincia di Brescia in prima linea con quasi 10 mila aziende agricole che occupano oltre 16 mila operatori, mezzo milione di bovini, un milione e mezzo di suini, una produzione di cereali che sfiora i 5 milioni di quintali e di latte che raggiunge i 13 milioni di quintali all’anno.
Una realtà che a monte impegna poi una lunga filiera, dai mezzi agricoli ai macchinari per le stalle e i loro ricambi, dai carburanti ai lubrificanti, dalla plastica per le serre al filo per la legatura delle piante, dai materiali di pulizia e sanificazione agli indumenti di lavoro, dai mangimi alle sementi, dai concimi ai fitofarmaci, dalle bottiglie ai tappi, dai vasetti ai barattoli e tutti gli altri imballaggi per gli alimenti: «Sono solo alcuni settori ai quali va assicurata la continuità produttiva per non fermare l’agroalimentare nazionale ed evitare di lasciare vuoti gli scaffali dei supermercati» prosegue Prandini, commentando le ultime direttive più restrittive contenute nel decreto Chiudi Italia licenziato dall’esecutivo lo scorso week end.
È invece l’altra grande organizzazione di categoria presente sul territorio, Confagricoltura, a restituire il polso della situazione del comparto nella terza settimana di blocco. «La scorsa settimana — spiega il presidente Giovanni Garbelli — il problema è stato quello della sovrapproduzione di latte per il venir meno della domanda dal canale della ristorazione,
"L’assessore Rolfi La Regione è pronta a sostenere il settore florovivaistico che è quello più colpito
dei bar e degli alberghi. Oggi invece stiamo fronteggiando le difficoltà nella filiera suinicola poiché, pur se la domanda rimane alta facendo calare le quotazioni, i macelli stanno lavorando alla metà delle loro possibilità per ottemperare alle nuove norme sanitarie che impongono distanze fra gli operatori e più controlli sulla logistica, il che si ripercuote sulla gestione degli allevamenti che si stanno congestionando»
Sul fronte cerealicolo, Confagricoltura segnala anche in questo caso difficoltà nella gestione del personale nelle aziende più grandi, anche se il vero cruccio è il comparto florovivaistico che in Lombardia conta settemila aziende. «Seppur rappresenti una nicchia — prosegue Garbelli — è il settore più colpito dall’emergenza sanitaria in corso. Questo è il mese dei giardini e la chiusura dei rivenditori e delle aziende che si occupano di giardinaggio ha rovinato l’intera annata. Stiamo lavorando a livello nazionale per inserire nella lista del decreto Chiudi Italia i codici Ateco di riferimento prima che sia troppo tardi».
Sul tema, ieri, si è speso anche l’assessore regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi: «Rischiamo che alla fine della crisi molte aziende per evidenti crisi di liquidità non siano in grado di rinnovare la produzione e quindi chiudano i battenti. Bisogna predisporre, anche agendo sui fondi comunitari, un sistema di compensazione del prodotto mandato a macero per evidenti motivi di chiusura dei mercati, al fine di garantire una adeguata liquidità alle imprese. Per questo siamo a disposizione come Regione per trovare le modalità di calcolo delle derrate distrutte».
Prandini (Coldiretti)
La catena produttiva, logistica e distributiva garantirà i beni necessari per tutte le famiglie
Ai primi di marzo non miglioravo: ho telefonato al 112 per avere un tampone a casa ma mi hanno detto di no
Ho piaghe da decubito ho perso la vista e non mi reggo in piedi.
È stato tremendo. Ora devo ricominciare a vivere
Io non avevo problemi di salute e ho rischiato di morire. Dico a tutti di stare a casa, questo virus è devastante