Corriere della Sera (Brescia)

Agricoltur­a non stop

Crescono i consumi alimentari. «Noi pronti a garantire le famiglie»

- Di Massimilia­no Del Barba

Con le famiglie costrette a restare in casa sono esplosi i consumi di genere alimentare. Le famiglie acquistano di più, soprattutt­o beni primari come latte, uova, pasta, carne. Il settore agricolo è sotto stress per i carichi di lavoro e non si è mai fermato nonostante il rischio di contagio. Le associazio­ni: «Noi ci siamo».

Il riso, il grano, il vino, ortaggi come melanzane, carciofi, sedano, finocchi di cui l’Italia è il primo produttore in Europa. Lattughe, cavolfiori, spinaci, zucchine, legumi di cui la Penisola è al secondo posto sul Continente. La frutta: pesche, meloni, limoni, arance, fragole. Ovviamente il latte e i suoi derivati, le carni fresche e i salumi.

Mentre l’emergenza sanitaria riduce pesantemen­te gli scambi commercial­i fra Paesi soprattutt­o a causa del rallentame­nto della logistica, cresce la domanda alimentare con evidenti aumenti degli acquisti nei supermerca­ti e nei negozi di vicinato rimasti aperti. Lo fotografa una rilevazion­e Iri in collaboraz­ione con Coldiretti, secondo cui, nella settimana dall’8 al 15 marzo scorso, la domanda di beni primari da parte delle famiglie ha subìto una vera e propria esplosione tanto da far parlare l’associazio­ne di categoria «di una vera e propria spesa di guerra». Nello specifico sono cresciuti gli acquisti di uova (+50%), di latte Uht (+47%), di pasta (+59%), di caffè (+17%), di vino (+11%), di acqua in bottiglia (+9%) e in generale di prodotti a lunga conservazi­one come Grana Padano e Parmigiano (+38%), tonno sott’olio (+34%), salumi (+22%) legumi secchi (+83%), carne in scatola (+82%) e fagioli conservati (+72%).

«Anche se questa corsa alle scorte è ingiustifi­cata e ha messo sotto pressione il lavoro di oltre tre milioni di italiani ai quali è stato richiesto di continuare a operare nella filiera alimentare, dalle campagne alle industrie di trasformaz­ione fino ai trasporti — ragiona Ettore Prandini, bresciano e presidente nazionale di Coldiretti — la catena produttiva, logistica e distributi­va è finora riuscita a garantire i beni necessari per tutte le famiglie italiane».

Una realtà che, allargata dai campi agli scaffali, a livello nazionale vale 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil e che conta su 740 mila aziende agricole, 70 mila industrie alimentari e 230 mila punti vendita tra Gdo e a negozi di vicinato e che vede la provincia di Brescia in prima linea con quasi 10 mila aziende agricole che occupano oltre 16 mila operatori, mezzo milione di bovini, un milione e mezzo di suini, una produzione di cereali che sfiora i 5 milioni di quintali e di latte che raggiunge i 13 milioni di quintali all’anno.

Una realtà che a monte impegna poi una lunga filiera, dai mezzi agricoli ai macchinari per le stalle e i loro ricambi, dai carburanti ai lubrifican­ti, dalla plastica per le serre al filo per la legatura delle piante, dai materiali di pulizia e sanificazi­one agli indumenti di lavoro, dai mangimi alle sementi, dai concimi ai fitofarmac­i, dalle bottiglie ai tappi, dai vasetti ai barattoli e tutti gli altri imballaggi per gli alimenti: «Sono solo alcuni settori ai quali va assicurata la continuità produttiva per non fermare l’agroalimen­tare nazionale ed evitare di lasciare vuoti gli scaffali dei supermerca­ti» prosegue Prandini, commentand­o le ultime direttive più restrittiv­e contenute nel decreto Chiudi Italia licenziato dall’esecutivo lo scorso week end.

È invece l’altra grande organizzaz­ione di categoria presente sul territorio, Confagrico­ltura, a restituire il polso della situazione del comparto nella terza settimana di blocco. «La scorsa settimana — spiega il presidente Giovanni Garbelli — il problema è stato quello della sovrapprod­uzione di latte per il venir meno della domanda dal canale della ristorazio­ne,

"L’assessore Rolfi La Regione è pronta a sostenere il settore florovivai­stico che è quello più colpito

dei bar e degli alberghi. Oggi invece stiamo fronteggia­ndo le difficoltà nella filiera suinicola poiché, pur se la domanda rimane alta facendo calare le quotazioni, i macelli stanno lavorando alla metà delle loro possibilit­à per ottemperar­e alle nuove norme sanitarie che impongono distanze fra gli operatori e più controlli sulla logistica, il che si ripercuote sulla gestione degli allevament­i che si stanno congestion­ando»

Sul fronte cerealicol­o, Confagrico­ltura segnala anche in questo caso difficoltà nella gestione del personale nelle aziende più grandi, anche se il vero cruccio è il comparto florovivai­stico che in Lombardia conta settemila aziende. «Seppur rappresent­i una nicchia — prosegue Garbelli — è il settore più colpito dall’emergenza sanitaria in corso. Questo è il mese dei giardini e la chiusura dei rivenditor­i e delle aziende che si occupano di giardinagg­io ha rovinato l’intera annata. Stiamo lavorando a livello nazionale per inserire nella lista del decreto Chiudi Italia i codici Ateco di riferiment­o prima che sia troppo tardi».

Sul tema, ieri, si è speso anche l’assessore regionale all’Agricoltur­a Fabio Rolfi: «Rischiamo che alla fine della crisi molte aziende per evidenti crisi di liquidità non siano in grado di rinnovare la produzione e quindi chiudano i battenti. Bisogna predisporr­e, anche agendo sui fondi comunitari, un sistema di compensazi­one del prodotto mandato a macero per evidenti motivi di chiusura dei mercati, al fine di garantire una adeguata liquidità alle imprese. Per questo siamo a disposizio­ne come Regione per trovare le modalità di calcolo delle derrate distrutte».

Prandini (Coldiretti)

La catena produttiva, logistica e distributi­va garantirà i beni necessari per tutte le famiglie

Ai primi di marzo non miglioravo: ho telefonato al 112 per avere un tampone a casa ma mi hanno detto di no

Ho piaghe da decubito ho perso la vista e non mi reggo in piedi.

È stato tremendo. Ora devo ricomincia­re a vivere

Io non avevo problemi di salute e ho rischiato di morire. Dico a tutti di stare a casa, questo virus è devastante

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