«Direttissima 4.0» con le parti a distanza
Gli atti scambiati in diretta tra le parti via mail o in una chat sulla piattaforma Microsoft Teams
Un processo per «direttissima» tutto delocalizzato è davvero una novità: e il suo debutto, affascinante ma non privo di insidie proprio come tutte le novità, porta ieri gli uffici giudiziari di Brescia all’avanguardia in Italia.
Processi a distanza già se ne facevano da tempo con le videoconferenze dei detenuti per mafia e terrorismo al 41 bis, e anche la convalida di arresti da parte del gip già si faceva in parte con l’arrestato in carcere collegato da remoto. Ma un processo per «direttissima» tutto delocalizzato è davvero una novità: e il suo debutto, affascinante ma non privo di insidie proprio come tutte le novità, porta ieri gli uffici giudiziari di Brescia all’avanguardia in Italia insieme a Milano, l’unica altra sede dove – per limitare il contatto e gli spostamenti dei giudici, del personale e di tutte le parti processuali coinvolte nella celebrazione dell’udienza e così contrastare l’emergenza epidemiologica Covid-19 senza pregiudicare troppo la funzionalità dei servizi giudiziari essenziali – i processi per «direttissima» da ieri si provano appunto a fare così. Tutti a distanza, tutti nel proprio posto più sicuro.
Il giudice è l’unico a stare in Tribunale con il cancelliere, l’arrestato (con l’interprete se straniero) è collegato dalla camera di sicurezza delle forze dell’ordine che l’hanno fermato nelle 24 ore precedenti durante il turno quotidiano, l’avvocato difensore resta nel proprio studio legale (o se preferisce a fianco dell’arrestato o in Tribunale) ma sempre con colloquio riservato in conference-call prima e durante e dopo, il pm (togato o vice procuratore onorario) è in ufficio in Procura, e gli atti vengono scambiati in diretta tra le parti via mail o in una chat sulla piattaforma Microsoft Teams aperta alle parti dal ministero. Un sistema promosso dal procuratore Francesco Prete e dal presidente del Tribunale, Vittorio Masia, al quale gli avvocati dell’Ordine e della Camera penale hanno dato il fondamentale via libera ma ad una precisa condizione: e cioè che l’esperimento resti appunto tale sino all’attuale primo termine dell’emergenza (15 aprile per gli uffici giudiziari), e non diventi invece automaticamente la nuova “normalità”. Un check-up opportuno, perché è innegabile che esista e vada testato qualche timore di compressione dei diritti dell’indagato, soprattutto sul piano pratico della disponibilità degli atti e dell’effettività possibilità per la difesa di parlare a distanza ma in maniera riservata con il cliente. Ieri il debutto ha visto protagonista un italiano, fermato in bici curiosamente solo perché in apparente violazione dello stop da virus, ma poi arrestato perché nel borsone sulla bici i carabinieri gli hanno trovato 1 chilo di hashish. L’arresto è stato convalidato, e la prossima udienza si terrà dopo il 15 aprile: dal vivo se si sarà tornati alla normalità, ancora delocalizzati se invece l’emergenza sanitaria avrà ancora l’attuale bisogno di contenimento degli spostamenti.
Direttissime
Il primo caso ieri un italiano fermato perché in bicicletta trasportava un chilo di hashish