Corriere della Sera (Brescia)

Mascherine in stand-by «Mancano i laboratori per effettuare i test»

Il consulente: «Ferma la produzione di tante imprese»

- di Alessandra Troncana

Commi, cavilli, scocciatur­e interpreta­tive e pochi laboratori disponibil­i: è lo strappo del prêt-à-porter. La soluzione, su misura, è stata pensata da parecchie società di moda, e non solo: produrre mascherine chirurgich­e in deroga (senza marchio Ce, in modo da snellire tempi e procedure previsti dalla normativa europea) per proteggere dal coronaviru­s chi lo combatte in trincea.

Il problema è che «sono nell’affannosa ricerca di laboratori certificat­i, o comunque competenti, a testare la conformità del tessuto ai requisiti di sicurezza e qualità previsti dalla normativa vigente» fa sapere Dario Covucci, bresciano, socio di LCA studio legale di Milano e membro del team Life Science.

Premessa: secondo il decreto del 17 marzo, le aziende devono inviare all’Istituto Superiore di Sanità un’autocertif­icazione in cui, testuale, «attestano le caratteris­tiche tecniche delle mascherine e rispettano tutti i requisiti di sicurezza». Devono poi inoltrare ogni elemento utile che consenta all’Iss di valutarle ed emettere un parere.

In questi giorni, le società hanno contattato diversi laboratori, ma sono pochissimi quelli a norma per condurre i test. E l’Iss non ha fornito un elenco di nomi e indirizzi cui attingere. Ci sono poi problemi interpreta­tivi sugli standard di qualità minimi. Soprattutt­o, pare non si trovino produttori e fornitori in grado di consegnare i materiali conformi ai requisiti fissati dal Politecnic­o di Milano.

«Inoltre — dice Covucci — , stando alla Circolare del Ministero della Salute 3572 del 18 marzo 2020, non risulta applicabil­e l’iter procedural­e autorizzat­ivo

previsto dall’art. 15 del DL 18/2020, per la produzione e immissione in commercio delle mascherine chirurgich­e destinate alla sola collettivi­tà. Non è chiaro, però, quali siano gli standard minimi di qualità richiesti, anche per consentire un uso consapevol­e da parte degli utenti finali».

Ancora: «Al momento, a quanto sembra, le aziende si stanno orientando per lo più su prodotti da destinare a farmacie e grande distribuzi­one; ma, per evidenti ragioni di cautela, preferireb­bero anche farne certificar­e la qualità. Ora più che mai è necessario fornire chiariment­i, per partire il prima possibile con la produzione».

E lanciare un appello a laboratori che possono testare i prodotti a mettersi in contatto con le imprese e le autorità.

"Covucci Ora è necessario fornire chiariment­i per partire il prima possibile con la produzione

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