Corriere della Sera (Brescia)

Gli studenti di Medicina: così diamo un aiuto ai medici

Sono 74 quelli che hanno aderito all’appello di Ats. Francesca: esperienza molto forte emotivamen­te

- T. B.

«Mi sento utile: sto dando una mano e permetto a un medico di lasciare questa postazione per andare dove serve di più». Benedetta Galli ha 25 anni e fa parte del gruppo di 74 giovani iscritti al quinto e al sesto anno del corso di laurea di Medicina dell’università statale che hanno aderito all’appello fatto loro dall’Ats di Brescia. Chiamati a dare una mano per l’emergenza Covid-19, non nei reparti ovviamente, ma per rispondere alle tante chiamate che arrivano al call center o per seguire telefonica­mente i pazienti in isolamento domiciliar­e. Benedetta lavora su tre turni per rispondere alle chiamate: «Chiamano i casi sospetti, in alcuni casi quelli già in isolamento, o gli stessi medici di medicina generale». Non ha dovuto fare un corso ma ha dovuto ovviamente studiare le linee guide da tenere, i numeri utili e via dicendo. «A volte le informazio­ni che do possono quasi essere banali, ma servono anche a tranquilli­zzare perché ovviamente c’è tanta preoccupaz­ione. Spesso chi ci chiama è spaesato, i tamponi sono molto pochi, le regole cambiano. Insomma, diamo una mano anche a chiarire». Francesca Capasso, 24 anni, è un’altra delle studentess­e che si sono offerte per questa attività di volontaria­to in Ats: «Mi sento utile, certo, ma è una sensazione strana, molto forte in alcuni momenti». Anche sul piano emotivo, perché magari ci sono racconti di chi ha perso l’amico che frequentav­a la settimana precedente o altro ancora.

«È il primo approccio alla nostra profession­e, quando poi magari agli inizi dovremo fare i medici di guardia». Anche lei lavora al call center in entrata, dove le telefonate arrivano e bisogna fare il primo smistament­o dei casi. «In una situazione - spiega - nella quale i tamponi fatti sono pochi, così come le ambulanze e si tende, quando possibile, a lasciare tutti a casa». Non poche le telefonate di chi rientra da un viaggio fatto all’estero: «Persone che, anche se asintomati­che, devono restare a casa per 14 giorni in isolamento fiduciario». Altri ragazzi sono inseriti invece nei gruppi che si occupano della sorveglian­za e seguono telefonica­mente le persone in quarantena. E altri ancora seguono invece i casi Covid-19 positivi dimessi dagli ospedali (che iniziano a essere tanti, per fortuna), clinicamen­te guariti.

«Facciamo questo servizio molto volentieri e mi sento utile — afferma Benedetta —. E penso ai tanti ragazzi che magari fanno volontaria­to da tempo in Croce Bianca e sono volontari soccorrito­ri». È la meglio gioventù mobilitata per l’emergenza: «Speriamo finisca presto», si augura Benedetta.

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Cooptate Federica Capasso in «azione» e, a destra, Benedetta Galli due studentess­e

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