Addio a monsignor Moreschi, l’angelo del popolo etiope
«Gnari, piedi ben piantati per terra e cuore in paradiso». Era uno dei motti di mons. Angelo Moreschi, abba Melaku (papà Angelo) nella lingua degli etiopi, il popolo poverissimo che questo salesiano, grande e forte come una quercia, di una bontà solare e contagiosa, di una tenerezza disarmante e soffusa, ha servito per 29 anni. Abba Melaku si è spento l’altra notte nel seminario salesiano di Nave, il paese dov’era nato il 13 giugno del 1952 e dove era tornato negli ultimi anni per i problemi di salute che l’avevano piegato ma non vinto. Fra le ultime apparizioni, molti ricordano quella a Ponte Zanano per le cresime dei ragazzi. Aveva affrontato la cerimonia aggrappandosi a due bastoni: il pastorale da vescovo e la stampella che usava da quando aveva subito amputazioni a un piede per colpa del diabete. A portarselo via, a 67 anni, è stato però il coronavirus.
Ordinato sacerdote della famiglia salesiana nel 1982, Angelo Moreschi aveva frequentato il seminario a Chiari e completato gli studi di teologia a Betlemme. La sua prima destinazione pastorale nel 1992 è Dilla, nel Sidamo, regione etiope 500 km a sud della capitale Addis Abeba. Lì Moreschi divide l’esperienza pastorale con altri bresciani: padre Elio Bonomi, padre Giorgio Zanardini. Il Sidamo è una terra remota, si fatica a trovarla sull’atlante geografico, ma ben presto diventa nota a Brescia grazie al Gruppo amici del Sidamo che vara molteplici iniziative di raccolta fondi. Decine di volontari bresciani passano da Dilla, alcuni vi trascorrono mesi. Abba Melaku crea laboratori, scuole professionali, aziende agricole, occasioni ricreative. Nel 2000 però deve dire addio al Sidamo: viene mandato a Gambella, nella regione etiope dell’Illubabor, la più occidentale del paese africano. È «prefetto apostolico», crea le condizioni per la nascita di una nuova diocesi di cui viene nominato vescovo nel 2009.
È «il vescovo sul trattore» perché la sua intraprendenza, le sue radici contadine, si esprimono ancora una volta in iniziative di promozione umana legate alla terra, alle scuole professionali, alle aziende agricole.
Le distanze aumentano ma i legami con Brescia non si allentano. Anzi. I suoi amici e sostenitori italiani, per raccogliere fondi, si inventano perfino una «Race for Melaku» che copre in bicicletta gli 800 chilometri che separano
Gambella da Addis Abeba. Negli ultimi anni le complicazioni del diabete lo costringono a tornare a Nave, dove la morte l’ha colto nella notte fra martedì e mercoledì. Ora si è staccato da terra. E il suo cuore è là dove era destinato da sempre.