Infermieri arrabbiati: «Il numero di infetti è molto sottostimato Ora tamponi a tutti»
L’appello di Stefania Pace, la presidente dell’ordine
Stefania Pace è la coordinatrice dell’Area servizio infermieristico e tecnico di Poliambulanza. Ieri, forte di un’esperienza di 14 anni in quei reparti, ha voluto dare una mano agli ultimi lavori di allestimento di altri 15 posti di terapia intensiva, operativi da oggi. È anche la presidente bresciana e regionale dell’ordine delle professioni infermieristiche (Opi). A Brescia gli iscritti sono 8.600, 64 mila in Lombardia.
Lavorate e rischiate: le stime dicono che un decimo dei positivi siano medici e infermieri.
«Sì, ma in realtà credo che il dato sia sottostimato. Come è noto noi medici e infermieri, se asintomatici, non facciamo i tamponi. Se venisse fatta qualche indagine credo che questa percentuale aumenterebbe».
Una preoccupazione in più. Rischiate di diventare diffusori del virus.
«Certo. Noi siamo preoccupati per i nostri pazienti. E, siccome siamo figli, compagni, genitori, siamo preoccupati anche per i nostri cari. È una situazione di incertezza devastante. Siamo tutti attenti, mascherine e guanti, ma quando torni a casa sei preoccupato comunque. Ci sono colleghi che hanno mandato i figli da un’altra parte e non li vedono da giorni, altri che si sono messi in autoisolamento».
Una vita stravolta.
«Sì, anche al lavoro. Tutti gli ospedali hanno rivoluzionato i reparti, il 70% dei letti è per il Covid; significa un cambiamento anche di turni. Oltre all’affanno, ci sono ripercussioni emotive forti. E poi c’è il rapporto col paziente: arrivano e sono soli, a volte il primo e ultimo sguardo, filtrato da una mascherina, è con noi. Ci sono i cordless, le chiamate video: aiutano, ma per i casi più difficili si avverte la solitudine, lo spavento, la malattia. Noi facciamo il possibile ma la solitudine c’è».
Ci dica qualcosa sui numeri: tra tamponi non fatti e persone che muoiono a casa alcuni iniziano a dubitare di quelli ufficiali.
«La mia impressione è che una flessione ci sia davvero. Ma occorre tanta cautela, serve pazienza ed è necessario continuare a rispettare le norme di distanziamento sociale».
Nei giorni scorsi ha mandato una lettera in Regione per dire che siete molto arrabbiati.
«Fino a oggi abbiamo dovuto centellinare i dispositivi di protezione individuale.
Adesso sembra che arrivino a giorni, comunque».
E poi?
«E poi c’è un territorio abbandonato. I medici di base sono stati lasciati soli. Pensi che è un anno e mezzo che chiediamo l’infermiere di territorio e comunità, previsto dalla riforma del 2015, una figura che dovrebbe lavorare con il medico di base, essere di supporto all’assistenza domiciliare, che aiuta a identificare i bisogni. Una figura che fa da anello di congiunzione tra ospedale e territorio. Nell’emergenza che stiamo vivendo questa figura sarebbe fondamentale. Ma dicevano che non c’erano fondi».
C’era anche altro nella lettera?
«Non siamo minimamente stati coinvolti nei tavoli tecnici per gestire l’emergenza: eppure per quel che era di nostra competenza qualcosa avremmo potuto dirlo per programmare interventi efficaci, forti di quello che apprendiamo sul campo. E poi assistiamo alla ricerca di task force di medici, assolutamente indispensabili, ma non si fa altrettanto per gli infermieri. Eppure siamo sempre di meno, al limite dell’esaurimento fisico ed emotivo».
Vi hanno risposto?
«Sì, abbiamo avuto una video conferenza video con l’assessore Gallera, al quale abbiamo esposto i nostri problemi. Vedremo».
Grazie.
«Mi scusi, posso aggiungere un’ultima cosa?».
Prego.
«Noi non siamo eroi, come a tanti piace descriverci in questi giorni. Facciamo questo lavoro, anche in emergenza, tutto l’anno. Dopodiché ci fa piacere che qualcuno se ne sia accorto e mi auguro che le istituzioni se ne ricordino anche quando sarà finita. Per adeguare gli organici, perché in tanti posti, ad esempio nelle Rsa, siamo sotto organico e risorse».
Quanto guadagna un infermiere?
«Tra i 1.400 e i 1.600 euro al mese, a seconda di turni e indennità».
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Stefania Pace
Non ci sono infermieri a fianco dei medici di base per l’assistenza a casa: è un vulnus del territorio