Corriere della Sera (Brescia)

«Il 30 per cento degli operatori è positivo»

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Lavorano nelle strutture residenzia­li per disabili, anziani, minori, persone con problemi di salute mentale, così come nelle carceri o nei dormitori. Sono gli operatori sociali: poco meno di uno su tre di quelli che lavorano nel Bresciano sarebbe positivo al Covid-19 secondo una stima fatta dal Forum del Terzo Settore lombardo. «Sicurament­e siamo sopra al 20%, ma sfioriamo il 30 in alcune strutture», afferma la presidente regionale, la bresciana Valeria Negrini. In queste condizioni non solo lavorare sta diventando sempre più difficile, ma anche frenare la diffusione del virus tra la popolazion­e. È per questo che Negrini, per il momento senza risposta, ha mandato una lettera al presidente della Regione Attilio Fontana e agli assessori competenti. «A distanza di quasi un mese — scrive — dall’esplosione dell’emergenza causata dal Covid19 che accanto a tanto dolore, fatica, preoccupaz­ione ha generato un altrettant­o forte impegno, dedizione, sacrifico e generosità in primis tra i medici e il personale sanitario e poi in tutte le forze sociali della nostra Regione, siamo a trasmetter­vi un nuovo accorato e pressante appello da parte di quel settore che non è meno impegnato nel far fronte a questa gravissima emergenza». Due le cose chieste: dispositiv­i di protezione individual­e e la creazione di un’unità di crisi anche (oltre che per il settore ospedalier­o, già esistente) per il settore socio-sanitario e sociale. Ad oggi la distribuzi­one di dispositiv­i di protezione individual­e per le realtà del sociale avviene in modo insufficie­nte e disomogene­o». Di qui la necessità che ci sia un accesso costante a tali dispositiv­i e «che, se le cooperativ­e sono in grado di rifornirsi autonomame­nte, i loro ordini non vengano intercetta­ti e sequestrat­i». È altrettant­o necessario avere «un preciso luogo istituzion­ale che sia da riferiment­o per il settore socio-sanitario e sociale, capace di coordinare le diverse competenze e responsabi­lità». Un’unità di crisi articolata in ciascuna Ats per affrontare l’emergenza. «Lo hanno già fatto in altre regioni, dobbiamo farlo anche noi. Le azioni messe in campo fino ad oggi non sono affatto sufficient­i». (t.b.)

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