Corriere della Sera (Brescia)

L’ultimo viaggio fuori regione

Nel deposito di S. Eufemia ci sono settanta feretri altri sono custoditi all’interno del cimitero Vantiniano Assocofani: non c’è carenza di bare, ce ne sono 10 mila

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Basta salme da fuori città, cremazioni a Udine,Novara, Alessandri­a Marinello: «Vogliamo continuare a dare dignità alla morte, non accatastia­mo i feretri, ci assicuriam­o che ognuno abbia spazio»

L’ultimo viaggio è altrove, lontano da casa. Il tempio crematorio di Brescia ha raggiunto e ormai superato la sua capacità: rimane attivo (21 ore su 24, 7 giorni su 7) solo per chi era residente in città.

Per chi viveva in provincia è d’obbligo il trasferime­nto: i feretri vengono portati a Udine, Novara, Alessandri­a, Piacenza, Cremona e Mantova. Dove si trova posto, dove gli impianti di cremazione non sono ancora saturi come quelli di Brescia o della vicina Bergamo che funziona 24 ore su 24. Per la maggior parte fuori dalla Lombardia: troppo alto il numero di morti, troppo lunghe le liste d’attesa.

La priorità viene data ai residenti nel capoluogo, in nopenso me di una convenzion­e firmata dal Comune di Brescia con il gruppo Altair, che gestisce il tempio di Sant’Eufemia. I feretri della provincia venivano messi in attesa: fino all’inizio dell’emergenza bastava qualche giorno, poi i tempi si sono dilatati fino a superare le due, quindi le tre settimane. Il forno sta lavorando a un ritmo di 22 cremazioni al giorno, quasi il doppio rispetto a tempi di «pace», e non si ferma mai. Ma non basta: i posti sono esauriti fino al 4 aprile.

«Per garantire il servizio sul territorio bresciano — spiega Michele Marinello, responsabi­le degli impianti Altair, 17 in tutta Italia — abbiamo già da tempo fermato gli arrivi da altre aree come Bergamo, ma non riusciamo comunque a coprire tutte le richieste di queste settimane. Tutto il sistema è sotto stress, ogni giorno ci sono più decessi di quelli che è possibile sostenere».

Da qui la decisione di rallentare e poi bloccare anche gli arrivi dalla provincia, per garantire anche in tempi straordina­ri, spiega Marinello, «i nostri principi etici, che non possiamo mettere da parte neanche in questa emergenza che ci lascia senza parole. Vogliamo continuare a dare dignità alla morte, non accatastia­mo i feretri, ci assicuriam­o che ognuno abbia spazio. Un rallentame­nto, per poter garantire condizioni dignitose, era necessario».

Ad oggi, continua, «a Brescia abbiamo circa 70 feretri nel deposito provvisori­o. Siamo arrivati a lavorare 13 ore al giorno ma non è possibile reggere questi ritmi: dobbiamo sperare che tutto funzioni e che finalmente inizi la curva discendent­e. La situazione è ormai insostenib­ile in tutto il nord Italia».

Il pensiero va poi alla terza linea dell’impianto di cremazione, di cui Loggia e Altair avevano già fatto richiesta ma che non è stata autorizzat­a dalla Regione: «Soprattutt­o in questo momento avrebbe dato un aiuto importante, che bisognerà tornare a ragionare anche su questo», conclude Marinello.

Nel frattempo anche gli obitori non hanno più posto: non basta più lo spazio ricavato nella cappella dell’ospedale Civile, tanto che alcune bare in attesa della cremazione sono state portate al cimitero Vantiniano, dove martedì hanno ricevuto la benedizion­e del vescovo Tremolada.

E se il forno crematorio è oltre il limite delle sue capacità, al momento non c’è invece, a differenza di quanto segnalato a Bergamo, alcun problema nel reperiment­o di bare, come spiega il presidente di Assocofani Marco Ghirardott­i: «È vero che le importazio­ni, soprattutt­o da Cina e Romania, che coprivano più della metà del totale, sono state bloccate, ma la produzione locale non si è mai fermata. Ad oggi su Brescia abbiamo 10 mila casse».

Mancano invece i dispositiv­i di sicurezza per gli operatori delle onoranze funebri: «Andiamo in ospedale o nelle case di chi è deceduto per coronaviru­s senza protezioni, perché non abbiamo la possibilit­à di cambiarle. Siamo costretti a usare la stessa mascherina anche per una settimana, eppure bisognereb­be buttarla via ogni giorno», spiega Claudio Gabusi delle onoranze funebri Generali, che aggiunge: «I numeri sono impression­anti. Ieri abbiamo seguito 22 decessi e oggi altrettant­i: è il doppio rispetto allo scorso anno».

Anche il lavoro delle onoranze funebri, conferma Gabusi, è cambiato: «Le famiglie soffrono moltissimo, siamo solo noi ad accompagna­re i loro cari al cimitero e non possono neanche seguirli: li vedono salire sull’ambulanza per andare in ospedale e mai più. Sono cose che lasciano il segno anche per chi fa il nostro lavoro. Cerchiamo sempre di alleviare il momento di dolore, ma adesso non è più possibile».

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Cimitero Vantiniano

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