Corriere della Sera (Brescia)

Case di riposo dramma infinito

- Orlando

Le case di riposo rimangono un dramma infinito con il loro bagaglio di morti che nessuno, però, cataloga come vittime del Covid-19.

coverare in ospedale un ospite 90enne per farlo morire tre ore dopo in un pronto soccorso».

Il virus sta decimando i nonni, proprio in quei luoghi pensati per tenerli al sicuro, e a poco valgono gli immani sforzi del personale, che spesso deve fare i conti con la mancanza di dispositiv­i di protezione e, di conseguenz­a, con un maggiore rischio di contagio. Molte rsa hanno più della metà degli operatori in malattia: in alcune strutture è stato attivato in questi giorni il «servizio tamponi» per poter far rientrare in servizio almeno il personale non positivo al virus.

Sul fronte del personale dalla casa di riposo di Ghedi riportano una situazione al limite: «Il lavoro è più che raddoppiat­o ma il personale è dimezzato. Non sappiamo se i nostri ospiti con sintomi sono contagiati perché non vengono eseguiti i tamponi, ad oggi abbiamo avuto poche perdite ma molti sono malati. Riusciamo a compensare con le macchine per l’ossigeno ma questo per loro significa perdere del tutto l’autonomia, e per noi la necessità di mettere in campo maggiori risorse umane. Che però continuano a mancare: molti operatori sono in malattia, adesso finalmente possiamo fare almeno a loro i tamponi, così se sono negativi possono rientrare in servizio. Ci servirebbe­ro soprattutt­o gli infermieri, ma a quanto pare nessuno vuole venire a lavorare in casa di riposo».

E se in molte strutture della provincia la situazione è sull’orlo del precipizio, diverso è il discorso per la città: come spiega la presidente di Fondazione casa di industria Elisabetta Donati «da noi ci sono meno decessi di quelli che abbiamo registrato nello stesso periodo dello scorso anno: c’entra anche la fortuna, ma ci siamo attivati subito riorganizz­ando le nostre attività, bloccando tutte le visite dei parenti e dotando il personale dei dispositiv­i di protezione. Non è facile trovarli, ma con della Fondazione Comunità Bresciana riusciamo a garantire la copertura. Abbiamo poi la possibilit­à di dividere gli spazi per ridurre i contatti tra gli ospiti: per fortuna da noi i decessi sono più contenuti rispetto al flagello a cui assistiamo in provincia». Tra le misure messe in campo quella di trattare tutti gli ospiti con febbre o difficoltà respirator­ia come positivi: «Se un residente ha febbre o altri sintomi viene messo subito in isolamento. Ci confrontia­mo quotidiana­mente con le altre strutture della città, abbiamo messo in moto un’importante rete di scambio di informazio­ni e, al momento, il sistema sta reggendo». A fare la differenza sembra essere soprattutt­o la possibilit­à per le case di riposo di separare i pazienti sintomatic­i da quelli «sani»: chi può dividerli registra un minore numero di contagi e, quindi, di decessi. Ma in molte strutture questo non è possibile.

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In quarantena Le rsa sono chiuse al pubblico: nessun parente può accedere, sono consentite solo telefonate e l’obiettivo è ridurre al minimo le occasioni di contagio. Ma il virus ha colpito anche queste strutture

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