Gli industriali ora vogliono ripartire
Lo rivela uno studio pubblicato ieri da Deloitte E mentre alla Lucchini Rs di Lovere si sciopera Pasini di Aib dice: «Potremmo non riaprire più»
In quattro settimane di lockdown il sistema economico bresciano avrebbe già perso quasi due miliardi di euro. Lo rivela uno studio di Deloitte pubblicato ieri. Fra i settori più colpiti quello meccanico che, come denuncia l’Ufficio studi di Anima Confindustria Meccanica, starebbe perdendo ogni giorno a livello nazionale qualcosa come 900 milioni di euro. Il presidente di Aib Giuseppe Pasini teme che alla riapertura a maggio molte aziende non ce la faranno, mentre alla Lucchini Rs di Lovere si sciopera.
In quattro settimane di lockdown il sistema economico bresciano avrebbe già perso quasi due miliardi di euro. Lo rivela uno studio di Deloitte pubblicato ieri, secondo cui, a livello nazionale, l’impatto dell’emergenza sanitaria a oggi sarebbe quantificabile in 80 miliardi di euro, pari a circa il 4,6 del Pil. Si concretizza, dunque, la previsione avanzata la scorsa settimana da Cerved nel suo Industry Forecast, secondo cui per tutto il 2020 il sistema Brescia potrebbe mettere a bilancio un ammanco record compreso fra i 9 e gli 11 miliardi di euro.
Fra i settori più colpiti quello meccanico che, come denuncia l’Ufficio studi di Anima Confindustria Meccanica, starebbe perdendo ogni giorno a livello nazionale, sia per l’impossibilità di avviare nuove commesse sia per i ritardi e le disdette degli ordinativi, qualcosa come 900 milioni di euro. Ragiona il bresciano Marco Nocivelli, presidente nazionale dell’associazione confindustriale: «Siamo da sempre allineati con le misure adottate per gestire in sicurezza questa emergenza. Ma proprio come, con le dovute cautele, stiamo garantendo l’approvvigionamento alimentare e i servizi essenziali, dobbiamo essere messi nelle condizioni necessarie per garantire un futuro al nostro Paese. È fondamentale poter ricominciare a lavorare, in sicurezza, magari a ritmi ridotti, ma ripartire. Non possiamo mantenere totalmente bloccate le nostre fabbriche, che sono il nostro asset principale. Da imprenditori — prosegue Nocivelli — dobbiamo avere la possibilità di mettere in sicurezza i luoghi di lavoro, avere i dispositivi individuali di protezione necessari, e poi certamente garantire le distanze tra le persone, ridurre o modulare i turni, e garantire ai dipendenti spostamenti sicuri, ma dobbiamo mantenere vivo il nostro tessuto produttivo. Questo è l’unico modo per garantire al nostro Paese l’uscita da questa crisi, che non sarà solo sanitaria ma economica e infine sociale se non interveniamo da subito».
E, mente i toni delle relazioni industriali tornano a irrigidirsi con le organizzazioni sindacali che alla Lucchini Rs di Lovere hanno indetto undici giorni di sciopero per non riaprire la fabbrica ed evitare così il rischio di contagio da coronavirus dopo che, come spiegano le Rsu di Fim, Fiom e Uilm, «non è stato possibile concordare nulla, in ottica di prevenzione e tutela della salute dei lavoratori», è il presidente dell’Aib, Giuseppe Pasini a tornare a intervenire duramente sul fermo obbligato delle produzioni: «Se decidono di chiudere fino a metà maggio — spiega il numero uno della territoriale di Confindustria —, dopo due e mesi e mezzo di fermo diverse aziende saranno destinate a non più riaprire. In questo modo perdiamo tutti i mercati esteri, dove esportiamo fino a punte del 90%, e significherebbe ammazzare l’economia bresciana». Di qui la proposta: «Secondo me si può pensare di fare una serie di valutazioni per mettere in campo procedure molto rigide in modo che i nostri dipendenti lavorino nella massima sicurezza. In questo momento i dati sulle infezioni nelle zone di Brescia, Bergamo e Milano sono in leggero miglioramento. Noi a Brescia stiamo preparando un protocollo, insieme a Prefettura, responsabili della sanità e sindacati, per creare i presupposti per riattivare le aziende. Questo lo stiamo facendo guardando all’orizzonte del 13 aprile e guardando a una ripartenza non totale ma rallentata, parziale».
Sul fronte della carenza dei dispositivi individuali di protezione per i lavoratori, intanto, una buona notizia arriva da Apindustria, che ha annunciato di aver messo a disposizione dei suoi associati 15 mila mascherine donate dalla Camera di Commercio del Parco Ecologico Sino-Italia di Ningbo, in Cina.