La studentessa fuggita di casa e il nodo degli spostamenti
Origini francesi, il suo innamorato bresciano l’aveva conosciuto in Erasmus. Giovani e spensierati, lei ancora studentessa, in gennaio hanno iniziato a convivere nell’hinterland dopo il trasferimento di lei. Che non vedeva l’ora. Ma nel giro di alcune settimane la condivisione della quotidianità dentro le stesse mura non si è rivelata esattamente come sperava. Nè immaginava. Difficilissima. E violenta. «Ha iniziato a picchiarmi» al culmine delle discussioni, ha confidato alle operatrici del centro antiviolenza. «Non ce la faccio più, non so più chi sei veramente», diceva lei in lacrime. «E allora vattene, vedi, quella è la porta» ribatteva lui, infuriato. Salvo poi calmarsi, scusarsi, prometterle che non l’avrebbe fatto più. Come no, certo. Invece è successo di nuovo. E lei, che aveva l’auto parcheggiata fuori casa, una sera è corsa di sotto e si è chiusa nell’abitacolo. Ha preso il telefono e ha chiesto aiuto. Poi è andata dai carabinieri: le era stato detto che per potersi allontanare, in questo periodo di quarantena collettiva, serve una certificazione del rischio. Se l’avessero fermata avrebbe dovuto averla con sé. Valigia pronta, voleva solo raggiungere la sua famiglia che vive fuori dalla Lombardia. Pare che dalla caserma, però, per ottenere le carte, l’abbiano dirottata in questura («ma ci posso andare?»). L’intercessione di un legale di Casa delle Donne ha fatto in modo che qualsiasi intoppo fosse risolto. La ragazza ha ottenuto il via libera, anche nero su bianco, e ha raggiunto i suoi cari. Lontano. (m.rod.)