Corriere della Sera (Brescia)

Il dramma delle badanti senza casa dove poter tornare

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Non solo pestate di botte, vessate, schiacciat­e psicologic­amente. Anche tremendame­nte sole. E quasi invisibili. Nelle scorse ore a telefonare a Piera Stretti, in lacrime, è stata anche una badante di origini ucraine. Chiamava dall’ospedale, perché la signora anziana di cui si occupa da tanti anni è risultata positiva al coronaviru­s. Anche lei è stata contagiata. Ma inizialmen­te non presentava alcun sintomo, quindi dopo la prescrizio­ne di alcuni farmaci le è stato detto di tornare a casa. Quale casa? La famiglia non è comprensib­ilmente disposta ad ospitarla in queste condizioni ma questa badante non ha un altro alloggio, ed è lì che per l’anagrafe risiede. «Sono disperata, non so dove andare, la prego mi aiuti, faccia qualcosa. Capisco perfettame­nte la posizione della famiglia, ma io cosa faccio adesso?». Si era pensato al centro Paolo VI, ma lì ci vanno solo i pazienti in convalesce­nza dopo essere stati dimessi. La signora non era mai stata ricoverata, però. Addirittur­a ai dormitori per senzatetto. Nel frattempo tra telefonate e passaparol­a si è attivata una rete di solidariet­à. E lei, la badante, ha iniziato ad accusare stanchezza e tosse. Alla fine è stata ricoverata. Per ora, quindi, ha un posto in cui stare. Non l’avrà per molto una sua collega marocchina, costretta a stare in un bilocale con la sorella, cinque bambini e un cognato insofferen­te dopo la morte dell’anziano che assisteva. «Te ne devi andare». Dove? «Poniamoci il problema, perché quello delle nostre badanti è un dramma vero in questa fase», dice Piera Stretti. (m.rod.)

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