Baby rondinelle Quando il vivaio sboccia a distanza
Il settore giovanile del Brescia: è essenziale continuare a fare spogliatoio (da remoto)
Non solo di Serie A vive il calcio. Per ogni squadra professionistica che si interroga in questi giorni sul futuro (se vi sarà) delle proprie prime squadre, c’è un esercito di ragazzi che può solo sognare quell’Eldorado. Per loro la sentenza è già arrivata: la musica è finita, almeno per quest’anno, dai più piccoli sino all’Under 17. Resta qualche spiraglio per il campionato Primavera, gli altri tornei sono già stati annullati. Oltre alla socialità con i propri compagni di scuola, circa 10 mila giovani hanno perso così anche quella con i compagni di squadra. E con gli allenatori, i dirigenti.
La stima è relativa solo all’universo Brescia calcio: il lavoro svolto negli ultimi due anni da Christian Botturi, responsabile del settore giovanile, voluto a tutti i costi da Massimo Cellino, ha riportato le rondinelle sul territorio. Ora, ai circa 300 tesserati ufficiali con la vu bianca sul petto, dall’Academy (4 anni) alla Primavera, si sommano i ragazzi delle 23 società affiliate, dislocate dalla Valcamonica sino al Garda: ecco spiegata la stima dei 10 mila. «La nostra attività non si è mai fermata — spiega Botturi stesso, in una pausa delle sue otto riunioni giornaliere con i club della provincia — ci stiamo inventando di tutto per tenere legati i tesserati al nostro progetto. Il presidente aveva l’obiettivo di riconquistare il territorio e mi sprona ogni giorno. Non possiamo vanificare quanto abbiamo costruito in due anni, la programmazione continua». Così ci si inventa di tutto per non far perdere ai ragazzi la dimensione dello spogliatoio e della comunità: «L’ultima — racconta – l’ha escogitata mister Aragolaza, allenatore dell’Under 17. Domenica si è inventato una tombolata su Zoom, con i ragazzi che dovevano presentarsi in giacca e cravatta. Lo spirito di gruppo non deve mai spegnersi, a questo ci pensano i tecnici: poi ogni tanto intervengo io, su input di Cellino. Due allenamenti alla settimana sono individuali, ognuno ha il suo programma: uno resta di gruppo».
E cosa dice ai suoi tesserati? «Invito i ragazzi a non perdere tempo, colmando le pecche a scuola e verso i propri genitori. In casa adesso ognuno di loro può apprezzare quei sacrifici che prima non coglieva: non tutti potranno diventare come Papetti (classe 2002, ha esordito in prima squadra nell’ultimo match, il 9 marzo con il Sassuolo), ma devono sapere che qui è tornato il concetto di identità. Cellino si è dimostrato più bresciano di molti bresciani.
"Botturi Cellino ci tiene molto, la nostra attività non si è mai fermata non possiamo vanificare quanto fatto in due anni
L’ultima trovata l’ha escogitata domenica l’allenatore Aragolaza: tombolata su Zoom con i ragazzi in giacca e cravatta
Gli investimenti sulle strutture ci sono stati, la nostra provincia ha sempre prodotto talenti: per essere professionisti servono tanti fattori, dal settore giovanile alla prima squadra il salto sembra breve ma c’è un oceano di mezzo e un ruolo cruciale lo gioca anche la famiglia. Ora però c’è tutto quello che serve. Il presidente ha fiuto: Andrea (Papetti) era un suo pallino da tempo».
Agli allenatori, invece, cosa si consiglia in piena pandemia? «Il mio mantra è di allenare l’anima — conclude Botturi — senza una dinamica umana, un “mister” si ferma a metà. A me ora non preoccupa l’aspetto tecnico, bensì quello emotivo: i ragazzi vivono ovattati in casa, hanno una voglia matta di pallone che non possono soddisfare. A volte sfidano nell’uno contro uno il cane o il fratellino…». Non è calcio, questo. Ma si può ancora fare gruppo, oggi, per essere più forti domani. Nessuno vince da solo.