Covid 19, la lezione del «piccolo» Portogallo che vale anche per noi
La stampa riferisce in questi giorni del risultato egregio che il sistema sanitario portoghese sta consolidando, nel contenere, in modo significativo, la diffusione del contagio da Covid-19. Gli apprezzamenti si rafforzano con la considerazione che il paese è tradizionalmente riconosciuto come un paese povero, con strutture arretrate, con un sistema sanitario mediamente carente e in pratica non fa parte delle “eccellenze” europee.
Eppure ci sono alcuni indicatori che meritano di essere presi in considerazione prima di stupirsi di un risultato che, in realtà , non è poi così sorprendente.
Il Portogallo risultava essere, in un report dell’OMS del 2017, un paese meglio dotato di personale medico rispetto all’Italia ( 5.0 medici per 1000 abitanti, rispetto ai nostri 4.0) e pure più “ricco” di infermieri ( 6.7 per 1000 abitanti, verso i nostri 5,8).
Non solo, in un rapporto del 2018 di un agenzia internazionale di valutazione dei Servizi Sanitari Nazionali (Euro Health Consumer Index), il Portogallo veniva collocato al 13esimo posto ( su 35 paesi esaminati) , con l’Italia posizionata in 20esima posizione.
L’Index Ehci è un sistema di valutazione basato sull’analisi delle performance dei diversi servizi sanitari nazionali, costruito su un panel di diversi indicatori, raggruppati su 5 aree di valutazione. Il sistema prende in esame: la «tutela dei diritti e dell’informazione», i «tempi di attesa per ricevere trattamenti», i «risultati di salute», la «gamma dei servizi offerti e della loro accessibilità» e, infine, la «disponibilità di farmaci e l’ accessibilità alle terapie innovative». È un sistema di analisi pubblicato con cadenza biennale e liberamente consultabile presso il sito dell’agenzia (healthpowerhouse.com), ben conosciuto dagli addetti ai lavori e spesso commentato dalla redazione del British Medical Journal.
Dunque che il sistema portoghese mostri capacità di risposta ad una emergenza sanitaria grave come l’attuale pandemia da coronavirus non deve meravigliare più di tanto ma deve suggerire alcune ulteriori riflessioni da cui trarre anche spunto.
Il Portogallo è stato capace di abbattere la mortalità infantile, nell’arco temporale di 13 anni ( dal 1990 al 2003) dal valore di 11 morti per 1.000 nati vivi a 4, allineando il proprio indice alla media dei paesi europei, passati, nel medesimo periodo, da 7.6 a 4.6. (il dato italiano in base alle medesime elaborazioni Eurostat si è modificato da 8.2 a 4.3).
Questo significativo risultato, pubblicato su un’importante rivista scientifica (Acta Paediatrica, 2006; 95: 13491352) è stato attribuito ad un insieme di contributi: il miglioramento delle condizioni socioeconomiche generali del paese, il ricorso più costante, da parte della popolazione, ai servizi sanitari , l’introduzione di farmaci nuovi , la diffusione di competenze professionali in varie aree del paese, precedentemente meno serviti.
Tuttavia uno dei risultati più positivi è stato conseguito nel miglioramento dell’indice di mortalità perinatale, cioè di quel valore che è fortemente condizionato dalla qualità dei servizi delle sale parto e dei centri di neonatologia.
Ebbene, l’eccellente risultato conseguito fu ottenuto dopo che il Governo aver disposto la chiusura, per l’intero paese, di tutti i punti nascita che non garantivano un minimo di 1.500 parti ogni anno. La decisione fu presa nell’ambito di una serie di “tagli” disposti a carico dei servizi sanitari, al fine di rispettare i parametri di bilancio cui il paese si dovette sottoporre per il rispetto dei parametri disposti dalle autorità monetarie europee.
Nel nostro paese, per mere ragioni di consenso «territoriale», abbiamo grande difficoltà a disporre per la chiusura dei punti nascita che non raggiungono i 500 parti /anno,( limite procedurale minimo per garantire la sicurezza in sala parto), forse dobbiamo convenire che il Portogallo ci può insegnare qualcosa, sia in termini di capacità di decidere, sia nel distinguere tra “tagli” intelligenti e decisioni non ragionevoli.
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In passato la nazione era stata capace di abbattere la mortalità infantile da 11 a 4 morti per mille vivi, dimostrando come si fa una razionalizzazione intelligente