Tamponi, prime ricette
I test sierologici svelano che il 54% dei bresciani è stato contagiato (59% in Valcamonica)
Da ieri anche medici di famiglia e pediatri possono prescrivere il tampone oro-faringeo per accertare la positività o meno di un paziente a Covid-19. La prescrizione vale solo per i casi Covid sospetti: l’Ats di Brescia ha specificato che servono almeno due sintomi (febbre, tosse, saturazione inferiore a 95, dolori articolari, etc) per disporre l’isolamento del malato e dei contatti, acquisire i dati, inviare la segnalazione all’Ats e scrivere la ricetta del tampone che è a carico del Servizio sanitario. Un’opportunità in più, ma non è la soluzione a tutti i mali. Per alcuni medici visto che «il tampone può dare un falso negativo nel 30% dei casi» è necessario porre la diagnosi, il paziente deve essere valutato per decidere come trattarlo. Tampone anche per chi è risultato positivo al test sierologico, praticamente il 50% di chi l’ha fatto: nell’Ats di Brescia il dato dei contagi è del 54%, a fronte cioè di 937 cittadini, 504 sono risultati positivi; in Vallecamonica il virus ha raggiunto il 59%, una percentuale uguale a quella della Bergamasca.
Il tampone non è più prerogativa solo dell’ospedale. Da ieri anche medici di famiglia e pediatri possono prescriverlo. Si tratta di un’opzione che però non vale per tutti, ma solo per i casi Covid sospetti: l’Ats di Brescia ha specificato che servono almeno due sintomi (febbre, tosse, saturazione inferiore a 95, dolori articolari, etc) per disporre l’isolamento del malato e dei contatti, acquisire i dati, inviare la segnalazione all’Ats e scrivere la ricetta del tampone che è a carico del Servizio sanitario.
Il tema però fa discutere e divide i medici di famiglia. C’è chi ritiene che sia un’opportunità, come Angelo Rossi, dottore di Leno, convinto che il test naso-faringeo fosse «l’anello mancante» di un sistema che ora deve indirizzarsi verso la «diagnosi precoce ai sintomatici, in modo da circoscrivere i nuovi casi. Non finisce tutto con l’esecuzione del tampone — dice il segretario provinciale della Fimmg — ma ben venga che si possa richiederlo». Perplesso invece un altro medico di famiglia, Ovidio Brignoli, un ambulatorio in Franciacorta e da anni vicesegretario nazionale della Società italiana di Medicina generale: «Se vogliamo evitare il ritorno dei contagi, il tampone non serve a molto. L’importante è porre la diagnosi. E per farlo — sostiene — bisogna inviare i malati in una struttura Covid, fare gli esami strumentali e stabilire la diagnosi». Per Brignoli l’approccio diagnostico «corretto» sia ha «solo in ospedale», dove si possono fare Tac, ecografie ed esami mirati per stabilire il quadro clinico del paziente. Dopo si decide se la persona «può stare a casa, fare la quarantena in una struttura ad hoc oppure optare per il ricovero, in base ai fattori di rischio». Più che il tampone, che può dare «un falso negativo nel 30% dei casi», secondo il dottor Brignoli bisogna «porre la diagnosi», basandosi sui sintomi. Anche lui ricorda i casi di polmonite con il tampone negativo: un paradosso, che però la clinica sa sfatare.
Al momento il numero dei contagi è rallentato rispetto al caos di marzo e inizio aprile: «Negli ultimi 15 giorni non ne ho visto di nuovi» conferma Brignoli. In generale, tutti i dottori del territorio hanno registrato pochi casi, compreso Angelo Rossi. Che ieri mattina ha prescritto il suo primo tampone, su richiesta di un medico del lavoro. Nella ditta dove lavora un suo mutuato, senza sintomi, i sierologici sono stati fatti a tappeto, e si è scoperto che lui ha gli anticorpi: una strategia che ha pagato, dato che il passo successivo è stato quello di «mettere in quarantena i figli» che faranno a loro volta il tampone.
Come funziona? La ricetta viene inviata ai mutuati in formato elettronico (solo il codice identificativo, via sms o whatsapp), poi saranno loro a chiamare il Cup dell’Asst per prenotare il test naso-faringeo. Solo «in caso di necessità» verrà attivato il tampone a domicilio. Se l’esito è positivo, vanno isolati anche i contatti del paziente.
Il caso
Dopo il sierologico un lavoratore trovato con gli anticorpi: anche lui dovrà fare il tampone