L’architetto ritrovato
L’ungherese Béla Angelus firmò importanti interventi in città dagli anni Trenta ai Settanta Ora la sua figura esce dall’oblio grazie al recupero del ricco archivio
«Digitare il nome Béla Angelus in rete è frustrante: di lui non c’è traccia», dice la figlia Margherita. Anche cambiando il nome proprio — Angelus per vezzo si faceva chiamare anche Adalberto — la ricerca finisce in nulla. Come se l’architetto, ungherese di nascita (Budapest 1903) e milanese dalla seconda metà degli anni Trenta (morirà qui, nel 1993), non fosse mai esistito. «Eppure basta camminare per la città per vedere alcuni dei suoi lavori più significativi», rimarca la figlia.
Quattro anni fa la signora vende l’ultimo studio del padre, in via Anfossi 36 (condominio da lui progettato nel 1961). Il colpo di scena avviene in cantina (la cui esistenza era ignorata), dove emerge il grande archivio: lucidi, disegni tecnici, prospettive e planimetrie, foto. In totale, un migliaio di documenti. «Papà era un professionista da diciotto ore di lavoro al giorno, aveva un’energia incredibile, forse per il suo passato da giocatore di pallanuoto della nazionale ungherese», racconta. «Davanti a tutti quei disegni a china così precisi, che svelano la sua lunga carriera, mi sono ribellata. Sparire così? No, dovevo riportare alla luce il suo nome».
Margherita è storica dell’arte, mastica architettura a sufficienza per capire che può puntare in alto. L’archivio viene mostrato a Ornella Selvafolta, emerito di Storia dell’Architettura del Politecnico di Milano: la docente mette in contatto l’erede con il Casva, il Centro Alti Studi sulle Arti Visive, che conserva gli archivi di progettisti noti legati a Milano. «La donazione è stata una gioia immensa, il suo lavoro verrà studiato e valorizzato». Il Casva in questi giorni è chiuso, ma l’architettura e il design di interni di Angelus iniziano da oggi e per tutta la settimana a tornare visibili via Facebook.
Il suo progetto più importante è il complesso residenziale di piazzetta Guastalla (anno 1954, realizzato con l’ingegnere Raffaele Merendi, con cui collaborerà fino al ’65): i condomini hanno l’affaccio interno sul verde, è la natura che diventa tessuto connettivo, un concetto abitativo nuovo per il periodo, come è nuova l’idea del garage sotterraneo. «Fra i primi inquilini, la cantante Renata Tebaldi e il giurista Nicola Jaeger, mentre in tempi più recenti ha abitato qui Fernanda Pivano. Mio padre disegnò anche gli interni di una decina di appartamenti». Il modello viene replicato in via Vincenzo Monti 79-81 e, più in periferia, fra via Murillo e via Martiri Triestini. Angelus firma anche Casa Testori in via Lorenzo da Credi, lo stabile di viale Papiniano 49, la ditta Gallo in via Salomone e la pellicceria Levi in via Torino. Oltre a moltissimi arredi di negozi. «Il suo primo contributo è Palazzo Toro», conclude la figlia. «Il suo nome non risulta in nessuna carta accanto a Lancia e Merendi, del resto era appena arrivato, forse non era possibile, ma conobbe Merendi proprio allora e ho ritrovato tantissimi progetti relativi alla costruzione, fra cui anche quelli dei negozi sotto il porticato».