I nostalgici del cappuccino «Che voglia della vita di prima»
I locali hanno riaperto, privilegiati quelli che hanno spazio all’aperto, ma per l’ampliamento dei plateatici alla Loggia per ora sono arrivate solo un centinaio di domande
«Questo cappuccino mi è mancato come l’aria», si sente dire al banco. Il caffè è diventato il simbolo di questa fase due e mezzo: «Sono tutti attenti, nessuno si è presentato senza mascherina. Se qualcuno ha dei dubbi chiede, ma c’è un forte desiderio di riappropriarsi delle vecchie abitudini e della propria vita di prima», spiega Carla Nevola, titolare del bar Zanardelli 36. «Il problema non siamo noi baristi, che rispettiamo tutte le regole, ma i servizi: il pos è fuori uso, le linee telefoniche sono intasate e non si riesce a parlare con nessuno».
Poco più in là, in piazza Paolo VI, si torna a servire il caffè vista Duomo. Due amiche sedute a un tavolo sono troppo vicine: la barista chiede di separarsi, si spostano senza battere ciglio. Il prezzo per tornare a guardarsi è minimo, lo pagano volentieri. Scambiano un’occhiata con la barista: «Va bene così?». Le regole da memorizzare sono molte, infrangerle è questione di millimetri.
I gestori dei bar intanto si attrezzano per garantire la sicurezza di clienti e dipendenti, mentre cercano di riprendere un ritmo che non è più quello di prima.
E per molti l’intento, spiega Giorgia Ianni del bar Dolcevite, è «congelare l’attività, in questi mesi, rimanendo a galla perché non fallisca se dovesse arrivare una nuova chiusura il prossimo inverno: il mio obiettivo è mantenere il posto di lavoro per tutti i miei ragazzi, come abbiamo fatto anche se a fatica in questi mesi. C’è molta voglia di ricominciare, e se riesco a non fallire riparto contenta». (n.o.)