Corruzione, i carabinieri «collaborano» dal giudice
Sentiti dal gip i due militari accusati pure di truffa. Chiesta revoca misura per ex collega e «complice»
Hanno scelto una linea di «confronto» con la Procura i due carabinieri del Nil finiti ai domiciliari per corruzione, concussione e truffa allo Stato. Stessa misura anche per il titolare di un locale e un ex militare: per loro i legali ne hanno chiesto la revoca.
Tutti hanno deciso di parlare. E «spiegare». Davanti al gip, Alberto Colombo, per l’interrogatorio di garanzia, il comandante del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro Giuseppe Serio, l’appuntato Gianluca Schina, il militare del Nil in congedo — ora consulente di un’agenzia di sicurezza sul lavoro — Pasquale Venci, e l’imprenditore Nicola Pasina, titolare del bar Belle Epoque in centro storico in città. La scorsa settimana tutti e quattro sono finiti agli arresti domiciliari per corruzione e concussione: per l’accusa avrebbero addolcito gli accertamenti in cambio di regali, o anticipato imminenti controlli. I due carabinieri ancora in servizio anche per truffa ai danni dello Stato: avrebbero «gonfiato» una serie di rimborsi chilometrici. Assistiti dall’avvocato Alessandro Asaro, i due hanno scelto di «collaborare», optando per una linea di confronto leale con la procura. Non avrebbero ammesso, né negato le contestazioni. Piuttosto, cercato di spiegare circostanze dalla lettura interpretativa e non propriamente univoca, così come la natura «tecnica» della questione chilometri (se non per un paio di episodi) e delle relative tabelle di conteggio. E se qualche aperitivo o pranzo offerto c’è stato, rientrerebbe nella sfera di «amicizia personale». Rispettivamente al fianco di Venci e Pasina, invece, gli avvocati Gianbattista Scalvi e Massimo Bonvicini hanno chiesto al giudice la revoca della misura cautelare nei confronti dei propri assistiti. Il primo, una figura sostanzialmente di «intermediario», ribadisce di aver avuto, con i militari, «solo rapporti che rientrano nella sfera del lecito», mentre a carico del secondo peserebbero le dichiarazioni — in parte inattendibili— di una ex dipendente.
Stando a quanto ricostruito dal pm, i due carabinieri in servizio, in cambio di regali (pranzi, cene, consumazioni al banco o bottiglie di vino) avrebbero pilotato gli accertamenti negli esercizi pubblici, avvertendo in anticipo gli imprenditori a loro volta «clienti» del consulente. E che, avvertiti, avrebbero quindi avuto tutto il tempo per sanare o nascondere eventuali irregolarità, evitando o quantomeno alleggerendo le sanzioni previste dalla normativa su salute e sicurezza sul lavoro o igiene. In sintesi: «Un accordo tra pubblici ufficiali e privati, finalizzato, con l’indebito esercizio delle funzioni, a ottenere una serie di utilità».