MANOVRA ECCO COSA MANCA
Una manovra da tre anni concentrata in 3 mesi da 55 miliardi che si somma a quella già avviata nel 2019 da 25 miliardi. Quindi complessa e articolata, come ci si poteva attendere. Cosi come ci si poteva aspettare che cominciasse a tappare le voragini dei redditi mancanti, di imprese e famiglie, di persone e comunità da quasi tre mesi, inondando il sistema — a debito — a sostenere imprese e sanità, scuola e commercio, turismo e ristorazione, non dimenticando autonomi e soggetti con e senza Iva. Anche questo era atteso e inevitabile. Un salvagente utilissimo ed estremamente necessario in questa emergenza di un quotidiano “vuoto” che sta alimentando la povertà come dice la Caritas anche tra persone che mai prima avevano avuto bisogno con un + 40%. Si poteva fare altro ? Forse. Ciò che si poteva chiedere era anche uno sguardo al futuro, con spese per investimenti selettivamente attente all’ambiente, all’innovazione, all’equilibrio idrogeologico, alle infrastrutture scolastiche e di ricerca, alla digitalizzazione.
Per questo, in arrivo dall’Europa, serviranno tutti i fondi disponibili dal MES, al Sure, a quello per le PMI, ai fondi BEI per 240 miliardi, oltre ai 1110 miliardi di acquisti della BCE del debito dei paesi europei e poi anche le risorse del Recovery Fund da 1000 (o 1500?) miliardi da innervare sul Green New Deal. Tutte risorse UE da reperire sui mercati e che dovrebbero aprire ad un allargamento del bilancio europeo che è tremendamente ristretto. Perché ne usciremo tutti insieme o non ne usciremo. Da cui anche far discendere possibilmente l’armonizzazione dei sistemi fiscali eliminando i «paradisi fiscali europei», con una tassazione minima in tutti i paesi che richiederebbe tuttavia una modifica dei trattati. Per avviare in questo modo il completamento del progetto europeo, che anche il COVID-19 ha svelato nella sua irreversibile e necessaria urgenza. Perché in Europa si possa cominciare ad investire sulle generazioni successive, con una prosperità condivisa in sistemi meno diseguali e asimmetrici. Partendo da un sistema europeo dove cresca il potenziale federativo e si riduca la Germania-dipendenza e dunque anche con una manifattura bresciana che si apre di più sia ad altri stati europei e sia ad altri paesi extra-europei. Guardando ad una globalizzazione più robusta e giusta, in grado di distribuire di più e meglio per una crescita condivisa, dunque più globale e locale insieme per ripartire nel triportico Usa-Cina-Europa.