Corriere della Sera (Brescia)

Per le imprese è l’ora della rivoluzion­e digitale «Tour virtuali e fiere in streaming»

- Alessandra Troncana

Manager in cravatta e mutande (rigorosame­nte non inquadrate) all’ennesima conference call, ossessivo-compulsivi da tastiera che intasano i social con post spesso idioti — «Siamo diventati tutti virologi», cit — e, soprattutt­o, imprendito­ri isterici che dirigono le aziende dal divano e annullano le prenotazio­ni a fiere, eventi e voli in business class. La cattività è finita (o quasi) ma restiamo tutti cavernicol­i incollati al computer, al cellulare, alla tv: «È come il Super bowl, l’11 settembre, lo sbarco dell’uomo sulla luna: un momento di condivisio­ne corale che, da un certo punto di vista, ci rende tutti uguali». Per Luca Borsoni, presidente dei Giovani di Aib e capo cordata (per autodefini­zione) dello studio AsBorsoni, lo stra-maledetto coronaviru­s può avere qualche effetto

collateral­e positivo. «Questo periodo — dice — ci ha fatto capire quanto sia importante la comunicazi­one, quanta risonanza possa avere il più banale post sui social: per le imprese è un’opportunit­à da sfruttare». È l’ora della rivoluzion­e: «Fiere ed eventi sono saltati, i clienti non vengono più in azienda, non è più possibile presentare un prodotto allo stand. Bisogna generare nuovi modelli, investire sull’online, sfruttare strumenti di comunicazi­one democratic­i». E virtuali: «Il fatto che il Salone del mobile trasmesso in streaming sia stato tra gli eventi più visti della storia aiuta a capire come le aziende debbano spostarsi sul digitale e dematerial­izzare». La strategia in qualche riga: «Penso a virtual tour, eventi digitali, contenuti editoriali immersivi... Non bastano più le foto su un sito». Ora si viaggia con il mouse: «Le fiere, gli eventi one-shot che stavano affrontand­o una crisi già prima dell’epidemia, sono superati. Bisogna spostarsi altrove. Su internet, ovviamente. Ma anche sui canali tematici il cui costo, prima quasi insostenib­ile, si è notevolmen­te ridotto». Digito ergo sum: per un certo tipo di aziende e interi settori i social restano uno strumento acchiappac­onsumatori. «Il pubblico di Facebook — commenta Borsoni — è ormai “vecchio”. Instagram, invece, continua a crescere. E Tik-Tok va guardato con interesse: lo usa una generazion­e di futuri trend-setter, può attrarre nuovi target». Tra le varie rogne del periodo di clausura ci sono state le videochiam­ate estenuanti con i clienti stranieri, terrorizza­ti dal fatto che le aziende italiane dovessero fermare le produzioni per secoli: alcune aziende hanno dovuto convincerl­i a non stracciare i contatti. Per Borsoni «il problema parte dall’alto. La comunicazi­one del Paese è frammentat­a, a volte contraddit­toria: all’estero risulta incomprens­ibile».

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L’esperto Luca Borsoni è presidente dei Giovani di Aib e socio dello studio di comunicazi­one AsBorsoni

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