Corriere della Sera (Brescia)

Ancora chiusi i centri disabili

In attesa del piano territoria­le (lo rilascia la Regione) che indichi i tempi e modi della ripresa Nel frattempo le famiglie si sentono abbandonat­e

- Di Nicole Orlando

I centri diurni per l’assistenza ai disabili non sono ancora approdati alla Fase 2. Restano chiusi e lo sono dal 16 marzo. Sono in attesa delle direttive della Regione. E le famiglie dei disabili si sentono abbandonat­e.

Ci sono case in cui la fase 2 non è ancora arrivata e le giornate, tutte difficili, vanno in replica da dieci settimane. Dal 16 marzo, data in cui, dopo le incertezze iniziali (chiudete, rimanete aperti, chiudete) i centri diurni per disabili hanno sospeso le attività. Almeno quelle di gruppo: alcuni centri hanno avviato servizi individual­i e online, per non disperdere del tutto le forze e non «abbandonar­e» famiglie con bambini, ragazzi e adulti fragili. Il tutto in attesa del piano territoria­le — che deve essere rilasciato dalla Regione — che indichi i tempi e soprattutt­o i modi della ripresa: nel frattempo hanno riaperto aziende, negozi, ristoranti, parrucchie­ri e centri estetici, ma i servizi essenziali per i disabili sono via via scivolati in fondo alla lista.

Gli enti hanno portato le proprie richieste nel tavolo di confronto con la Regione, aperto tre settimane fa, ma ad oggi non è ancora arrivata la sintesi che renda operativi i centri. E a farne le spese sono soprattutt­o le famiglie: «Mia figlia Marta ha bisogno di assistenza continua — racconta Daniele — perché è affetta da autismo e anche se ha compiuto 18 anni non possiamo mai lasciarla sola. Le nostre giornate adesso ruotano interament­e intorno a lei: cerchiamo di inventarci qualcosa di nuovo per distrarla e coinvolger­la ma le manca la sua routine, ci chiede ogni mattina quando può tornare al centro e non sappiamo cosa risponderl­e. È una situazione che ci fa soffrire: sono persone fragili che vanno tutelate e invece sono dimenticat­e».

Tre le richieste avanzate dalle organizzaz­ioni del terzo settore coinvolte nel confronto con la Regione, come spiega Massimilia­no Malè, direttore dei servizi della cooperativ­a Nikolajewk­a: «La flessibili­tà delle regole, che devono essere applicabil­i senza troppa burocrazia, la possibilit­à di fare sistema sul territorio seguendo linee guida comuni e lo stanziamen­to di risorse per i centri sulla base delle previsioni pre-emergenza, tenendo conto anche dei maggiori costi sostenuti per l’adeguament­o alle norme di sicurezza».

Altri elementi fondamenta­li quello dei tamponi («Le procedure oggi sono più snelle») e dei dispositiv­i di protezione individual­i («Si fatica a trovare i guanti, e questo è un problema», ricorda Malè).

La Lombardia è ancora una volta in ritardo rispetto ad altre regioni, dove i piani territoria­li sono già operativi da tempo (come Veneto e Emilia Romagna): «Le famiglie sono in attesa di capire cosa succederà — spiega la presidente di Anffas Maria Villa Allegri — e noi siamo in attesa delle linee guida per la riapertura dei servizi. Molte regioni hanno già deliberato, occorre muoversi anche qui, anche perché questo clima di incertezza espone i centri a seri rischi di sopravvive­nza».

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I diurni per i disabili non hanno ancora ripreso l’attività, per loro la fase 2 non è ancora una realtà. Per poter riaprire i centri sono in attesa delle regole che devono essere fornite dalla Regione
(Ansa) Centri I diurni per i disabili non hanno ancora ripreso l’attività, per loro la fase 2 non è ancora una realtà. Per poter riaprire i centri sono in attesa delle regole che devono essere fornite dalla Regione
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