Maniero vuole un altro giudice «Bullizzato»
In aula per maltrattamenti alla ex compagna storica, ritiene di essere stato «bullizzato»
«Buon lavoro a tutti, ci vediamo il 4 giugno». Collegamento chiuso e saluti. Così come — emozionato davanti alla figlia ma anche stizzito per l’andamento del processo — la scorsa udienza era sparito, anche ieri mattina Felice Maniero ha chiesto di essere riaccompagnato in cella. Senza assistere in video dal carcere di Voghera alla discussione delle parti. E non prima di puntare il dito contro chi sarà chiamato a «giudicarlo».
Accusato di aver maltrattato la sua storica compagna, in carcere dallo scorso ottobre, a carico dell’ex boss della Mala del Brenta il pm Lorena Ghibaudo ha chiesto una condanna pesante: sei anni e otto mesi (che senza lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato darebbero dieci) per averla picchiata e insultata. Perché, sostiene l’accusa, «tra le mura domestiche le condotte violente erano abituali e continuative». Non per i suoi avvocati, Luca Broli e Pietro Paolo Pettenadu (nominato pochi giorni fa) che al termine dell’arringa hanno chiesto l’assoluzione: «Non c’è alcuna prova — sostengono — della sistematicità delle prevaricazioni, la stessa parte lesa, che aveva piena libertà di azione, ha dichiarato di non aver mai denunciato perché mai si è sentita
davvero minacciata» in vent’anni di relazione.
La sentenza slitta al 4 giugno. Salvo che (improbabile) la Corte d’appello non decida che il processo nei confronti di Maniero sia tutto da rifare. Sì, perché l’udienza ieri si è aperta con un colpo di scena: prima di congedarsi Faccia d’angelo ha ricusato il presidente della prima sezione penale, Roberto Spanò. Con un documento scritto di suo pugno dalla cella. «Mi ha bullizzato, non mi sento tutelato perché non ritengo sia imparziale» avrebbe dichiarato ricalcando le parole messe nero su bianco nel documento inviato al giudice. Spetta quindi alla Corte valutare se l’istanza sia ricevibile o meno, se ci siano cioè gli estremi per ipotizzare un atteggiamento non consono. Stando a Maniero, in aula il giudice avrebbe cioè lasciato intuire di ritenerlo un soggetto «psicologicamente instabile», negandogli la possibilità di porre alcune domande ai testimoni (non solo alla ex ma anche e soprattutto all’adorata figlia) e rinunciando ad approfondire il ruolo — per la verità irrilevante in un procedimento per maltrattamenti — che la stessa persona offesa avrebbe avuto nel riciclaggio del denaro sporco guadagnato dalla Mala. Per Maniero non è un aspetto secondario, evidentemente. Tanto da sostenere di essersi sentito addirittura «bullizzato» durante questo processo: «Ho già capito come andrà a finire» avrebbe borbottato la scorsa settimana, prima di interrompere il collegamento. Proprio lui, che in questi mesi di detenzione è finito al centro di diverse informative inviate anche al Palagiustizia di Brescia, e che documenterebbero il suo comportamento «irrequieto» dietro le sbarre: in carcere Maniero avrebbe litigato con un altro detenuto (che l’ha denunciato) arrivando a chiuderlo in cella, ma anche fomentato gli animi di altri affinché si protestasse per il rischio che la pandemia da Covid potesse raggiungerli.
La ex, intanto, assistita dall’avvocato Germana Giacobbe, in aula ha già confermato le accuse: quattro aggressioni fisiche e continui soprusi psicologici. In un quadro «sempre più teso» nel quale hanno pesato anche «le difficoltà economiche».
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Il pubblico ministero Tra le mura domestiche condotte violente abituali e continuative: va condannato
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Gli avvocati difensori Nessuna prova della sistematicità della prevaricazione e dei maltrattamenti: va assolto
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Faccia d’angelo
Non mi sento tutelato da questo giudice: ha lasciato intuire pensi io sia un soggetto instabile