INCAPACI DI GUARDARSI DENTRO
Non sembrerebbe difficile interiorizzare l’idea che si possa iniziare a godere della vita fuori casa semplicemente mantenendo un po’ di distanza, indossando una mascherina, evitando di essere tutti nello stesso posto nel medesimo momento. Magari cercando anche di trovare nelle avversità qualche cosa di utile. È solo una questione di igiene, di vita buona, etimologicamente, di un po’ più di attenzione che non basta mai e potrebbe tradursi in occasione di apprendimento. Quante cose del prossimo e di noi stessi si possono scoprire facendo solo un passo indietro e guardandolo meglio negli occhi. Invece no. Sindaci costretti a prendere provvedimenti per sopperire alla mancanza di responsabilità. Qualcuno ha espresso la sua tristezza per tutto questo supplicando di ricordarsi almeno di chi non c’è più e del sacrificio immenso di medici e infermieri. Non sembrerebbe così difficile interiorizzarlo e farne un patrimonio immenso per ripartire. L’energia vitale nasce dal dolore e con esso cresce. Il colpo di spugna del diniego, invece, crea il fatuo della maniacalità destinando alla crisi interiore, sociale ed economica. Se l’incapacità ad interiorizzare le misure di sicurezza nasce da una fase maniacale, le previsioni funeste sul futuro della salute mentale del pianeta sono già divenute realtà. Proponibile una lettura diversa. Niente orlo del baratro, da cui, per fortuna, separa una ragionevole distanza.
Dietro all’assembramento, invece, la mancanza di equilibrio e, conseguentemente, di lucidità che deriva dal dovere apparire. Un disturbo non unicamente dei giovanissimi, vive trasversalmente in tutte le età. Fenomeno di massa che di massa si nutre, la vita proprio come un social. Ci sono, mi mostro e aderisco alla moltitudine nella illusione di potermi identificare. Alla ricerca di un pezzetto perduto, o mai creato, che garantisca stabilità. Non arriva e non basta mai e quando il meccanismo parte non si ferma facilmente. Nelle zone della movida tutti insieme appassionatamente, come nella vita pre-covid, e come sempre. Intontiti dalla finzione e dal buon pirlo. Ci sono e quindi valgo, fine dell’adesione all’essenza che il lockdown ci aveva imposto. E se uno abbassa la mascherina lo faremo tutti. La stessa paura dei bambini a scuola che temono la derisione del più forte, l’esclusione dal gruppo di quelli che contano. Ancora una volta il terrore e l’incapacità di guardarsi dentro e di volersi bene per quello che si è. E, conseguentemente, di mostrarlo. Allora no all’indignazione vuota, tanta pietas per gli ammalati dell’aperitivo dell’omologazione. Una cura prima o poi per loro tocca trovarla. La povertà educativa passa anche, se non soprattutto, da qui. La repressione è uno strumento che serve solo a cominciare.