Corriere della Sera (Brescia)

Manuela, uccisa dall’amante e collega «dopo la sua ennesima menzogna»

Le motivazion­i della condanna di Fabrizio Pasini: «L’omicidio scaturito da una lucida risoluzion­e»

- Mara Rodella

Una relazione, la loro, «dominata dall’insanabile contrasto tra la volontà di Fabrizio di tenerla come semplice amante e quella di Manuela, di andare a vivere con lui». Lui, che «con sorprenden­te abilità manipolato­ria, manteneva vive le sue aspettativ­e, negando di essere tornato a casa con la famiglia e ribadendol­e di volerle presentare i figli, adducendo, come scusa temporanea, l’impossibil­ità di far fronte a un affitto e l’esigenza di tutelare i ragazzi nella difficile fase di separazion­e dalla moglie». E lei, «in perenne conflitto tra il desiderio di credergli e la delusione per le continue menzogne», che «si rifiutava di continuare la storia in clandestin­ità e «insisteva nel contestarg­li l’evidenza dei fatti, nella vana speranza di costringer­lo a scegliere tra convivere o porre fine al loro rapporto». Ma Manuela Bailo i suoi desideri li ha pagati con la vita. È stata uccisa a 35 anni all’alba del 29 luglio 2018 dall’amante (e collega sindacalis­ta alla Uil) Fabrizio Pasini, che di anni ne ha appena compiuti 50, nella casa della madre di lui, a Ospitalett­o. Salvo poi essere «nascosta» nella vasca per i reflui in una cascina di Azzanello (Cremona) e ritrovata solo tre settimane dopo, al ritorno del suo assassino dalle vacanze in Sardegna con la famiglia. Morta «per uno shock emorragico secondario a sezione completa della carotide destra da lesività da taglio». Sgozzata, «con uno strumento da taglio» — mai trovato — mentre giaceva incoscient­e sul pavimento della lavanderia, dopo essere stata stordita, «colpita alla testa con o contro una superficie rigida di discreta ampiezza».

In 134 pagine, il gip Riccardo Moreschi motiva la condanna in abbreviato a 16 anni per omicidio volontario e occultamen­to di cadavere. Escludendo la premeditaz­ione, sostenuta dal pm Francesco Carlo Milanesi, secondo il quale quello di Manuela sarebbe un delitto pianificat­o da un killer «con le spalle al muro» perché «non più in grado di sorreggere il castello di menzogne su cui aveva costruito il rapporto con l’amante», sempre più insofferen­te e pressante. Non per il Tribunale, per cui «la cruente modalità di esecuzione dell’omicidio e il successivo occultamen­to del cadavere sono prova inconfutab­ile dell’indole spietata e violenta dell’imputato», ma l’omicidio «è ancor più grave» se si considera «che non è sorretto da un dolo d’impeto, bensì dalla lucida risoluzion­e di Pasini che, dopo aver illuso Manuela di voler costruire una famiglia con lei al solo fine di mantenere una comoda relazione extraconiu­gale, incurante delle sofferenze che le procurava, non riuscendo ad allontanar­la con le solite bugie, anziché ammettere la verità ha ritenuto di poter risolvere la situazione togliendol­e la vita».

E se è vero che Manuela, quella sera, uscì di casa con la convinzion­e di passare la notte con Fabrizio («alimentata dalle sue bugie»), per il Tribunale «non può essere enfatizzat­a al punto di dimostrare egli avesse mentito al fine di attirarla nell’abitazione della mamma per ucciderla». Spesso, del resto, aveva promesso e non mantenuto la parola, «deludendo più volte le aspettativ­e» di lei che però, quella sera, voleva restare. Avrebbero litigato, in casa e sulle scale, tornati dal pronto soccorso perché Manuela doveva recuperare gli occhiali la vista, e poi sulla scale, «quando l’ho spinta, con due mani», ha ammesso lui che nega di averla sgozzata — «ma mai avrei voluto farle del male» — arrabbiato dalle presunte continue recriminaz­ioni dell’amante sul suo matrimonio. Lei che avrebbe alzato la voce, lui che temeva gli zii al piano di sopra potessero sentire. Per il giudice «la dinamica dell’azione omicidiari­a non può che essere il risultato di una decisione estemporan­ea». Così come il movente andrebbe ricercato proprio nell’evoluzione della serata. Con la scoperta dell’ennesima bugia di Fabrizio, che a Manuela disse di non poter restare con lei (la sera prima dell’omicidio) perché avrebbe dovuto andare a prendere la madre all’aeroporto. Manuela non era più disposta a credergli, e «il suo comportame­nto quella sera dimostra fosse determinat­a a passare la notte con lui, nonostante i suoi credibili tentativi di allontanar­la».

L’omicidio «trova quindi plausibile spiegazion­e nell’incapacità dell’imputato di risolvere la situazione in cui si è trovato la notte del 28 luglio 2018 quando, dovendo tornare a casa dalla moglie, dopo aver provato invano a convincere Manuela ad andarsene, non avendo la forza di affrontarl­a, l’ha uccisa».

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I messaggi di Manuela il 25 febbraio Sono stufa, delle tue bugie. Sì, di tutta la situazione e di quello che mi hai detto anche ieri: così non ce la faccio più, non ho voglia di innervosir­mi, è che tu mi fai sentire così. Penso sia meglio che ci prendiamo una pausa, così ci chiariamo le idee e anche tu pensi a tutto quello che mi hai detto...

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I messaggi di Manuela il 28 luglio Non riesco a smettere di piangere. Non vuoi più venire a vivere con me? Pensi a te stesso e non a me. Perché non mi hai voluto ieri? Non riesco a venire di nuovo in quella casa. Cosa vuol dire tra poco esco se vuoi esco e ne parliamo? Dove? Boh, dimmi tu. Dove sei ora? Parto adesso.

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Sopra Manuela Bailo in uno scatto che la ritrae felice: è stata uccisa a 35 anni la notte tra il 28 e il 29 luglio del 2018 dal collega sindacalis­ta e amante Fabrizio Pasini (in alto a sinistra mentre arriva al Palagiusti­zia) che con lei aveva una relazione, tra alti e bassi, sin dal 2015. Ma non voleva lasciare la moglie
(Ansa) La vittima Sopra Manuela Bailo in uno scatto che la ritrae felice: è stata uccisa a 35 anni la notte tra il 28 e il 29 luglio del 2018 dal collega sindacalis­ta e amante Fabrizio Pasini (in alto a sinistra mentre arriva al Palagiusti­zia) che con lei aveva una relazione, tra alti e bassi, sin dal 2015. Ma non voleva lasciare la moglie

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