Frode fiscale, condannati in dieci per emissione o utilizzo di fatture false
In 21 hanno scelto di procedere in dibattimento e saranno in aula il prossimo 4 giugno. Per altri dieci, invece, al termine del processo in abbreviato il gip Lorenzo Benini ha comminato pene che vanno da un anno e otto mesi a sei anni e otto mesi. Per un totale di oltre 28 anni, a vario titolo per associazione a delinquere (non contestata a tutti gli imputati) finalizzata all’emissione o all’utilizzo di false fatturazioni.
Maxi inchiesta «Leonessa», in aula si è chiusa la prima tranche dedicata al filone sulla frode fiscale. Quello in cui emerse, scrisse il gip «un meccanismo frutto di un accordo generale attraverso il quale alcune imprese “cartiera” emettevano fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nei confronti di imprese che a loro volta emettevano fatture soggettivamente false in favore di una serie di imprese a copertura di acquisti di merci dalle medesime imprese effettuati in nero così da consentire l’evasione di imposte».
Così come chiesto dal sostituto procuratore Paolo Savio, anima storica della Dda, la pena più alta pari a 6 anni e 8 mesi è stata inflitta a Davide Janos Trombetta (l’accusa ne aveva chiesti 8 e 4), imprenditore di Travagliato, ritenuto il «regista» dell’associazione per delinquere costituita ad hoc per sfornare false fatture a cinque zeri. Due anni e 2 mesi, invece, alla sua segretaria, Cristina Fanciulli. Gianluigi Chiodi, che durante le indagini fu fermato dalle Fiamme Gialle al Brennero con una valigetta piena di 380 mila euro cash, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi, come da richiesta delle procura. E ancora: 3 anni a Luigi Salvatore, 3 anni e 6 mesi a Giuseppe Alberti e 2 anni e 8 mesi a Giuseppe Dotti. A loro gli inquirenti arrivarono proprio grazie alle dichiarazioni di Chiodi — «hanno tentato di rapinarmi» — e sono ritenuti, rispettivamente, la mente del colpo e i suoi complici. Mai intercettati, invece, gli esecutori materiali che agirono a vuoto.
Non è tutto. Condannati, ancora, a 2 anni Davide Piccoli e a 2 anni e 4 mesi Mirko Cordioli: entrambi imprenditori, avrebbero usufruito delle false fatture. Mentre Mauro Serafini e Roberto Lingua — presunti «intermediari» tra chi le poteva fornire e chi ne aveva bisogno per camuffare la contabilità e frodare il Fisco — ammesse le proprie responsabilità hanno patteggiato rispettivamente le pene di un anno e otto mesi e un anno e dieci mesi. Al processo si è arrivati su giudizio immediato, senza passare dal filtro dell’udienza preliminare. Secondo atto la prossima settimana. (m.rod.)