Mettiamoci in ascolto
«La Terra ha un cuore che batte ma noi non lo sentiamo più» L’sos ambientalista di Van De Sfroos al festival «Spirito del pianeta»
«Il virus siamo noi umani. Siamo stati ospiti di un pianeta con cui non siamo più in simbiosi. Produciamo sempre più scorie, sostanze tossiche, virus, batteri. Basta usare l’auto e produciamo inquinamento. Gettiamo plastica e rifiuti ovunque». Sono parole dure quelle di Van De Sfroos, all’anagrafe Davide Bernasconi, 55enne menestrello folk cresciuto a Mezzegra, sul lago di Como, tra i testimonial de «Lo spirito del pianeta 2020», il festival dei popoli indigeni inizialmente previsto alla Fiera di Bergamo, dove è operativo l’ospedale da campo allestito per fronteggiare l’emergenza Coronavirus, e trasformato in una due giorni online, in programma il 29 e il 30 maggio sul sito ufficiale e sulla pagina
Facebook della manifestazione.
Sempre in prima linea quando si tratta di solidarietà e di ecologia, il cantastorie laghée è un sostenitore delle identità delle popolazioni indigene. «Ho sempre avuto grande rispetto per le culture tribali e la metodologia della mia musica ne è influenzata», dice. «Tra i miei migliori amici c’è “pioggia di fuoco”, un musicista sciamano azteco. Io stesso sono portatore di una bandiera, della terra che rappresento». Van De Sfroos ha vissuto l’isolamento sulle sponde del suo lago, dove ha raggiunto una sorta di armonia con la natura. «All’inizio sono rimasto molto scosso, da questa pandemia, ho vissuto momenti bui, anche perché nella Tremezzina sono morte molte persone a causa del Covid, alcune famose, come l’imprenditore motonautico Tullio Abbate, o l’astrofisico Corrado Lamberti. Però non mi sono pianto addosso. Ho iniziato a cantare sui miei social un brano al giorno per le infermiere, per i nonni, per tutte le persone che me lo chiedevano. Inviavo anche in privato selfie, una preghiera, messaggi, che potessero dare conforto a chi soffriva. Ho guardato il panorama fuori dalla mia finestra e ho capito di essere un privilegiato. Ho usato la natura per approfondire il mio lato spirituale. A partire dagli alberi: ho preso un ulivo e l’ho trasformato in un totem, un canneto in un tempio, e ho imparato nuovi suoni dagli uccelli. Ho sperimentato delle visioni notturne». Il battito del pianeta diventa quindi metafora di un nuovo mondo migliore. «La terra, durante questa pandemia, ci sta lanciando tanti segnali. I laghi e i fiumi sono più puliti, c’è meno inquinamento, così come dovrebbe essere il mondo. I nativi americani dicevano che chi coltiva un giardino può seminare piante che potrebbe non vedere mai. Non abbiamo seguito questa linea. Ci vuole più educazione ecologica, dalla bottiglietta di plastica al sacchetto di rifiuti. Io cerco di prendere prodotti italiani. Meglio una birra sarda di una olandese».
Van De Sfroos, che per lo Spirito del Pianeta proporrà il brano «Lo sciamano», sarà uno degli protagonisti via web del festival, che vedrà la partecipazione, oltre che di gruppi tribali ed etnici di tutto il mondo, anche di musicisti come Enzo Avitabile e Tony Esposito. Tra gli ospiti speciali l’astronauta Luca Parmitano e il capo Raoni Metuktire, storico leader indigeno ambientalista, candidato al Premio Nobel per la Pace per le sue decennali lotte in difesa dell’ambiente e delle tribù amazzoniche.
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Ho sempre avuto grande rispetto per le culture tribali: tra i miei migliori amici c’è Pioggia di fuoco, un musicista sciamano azteco